Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

(Costituzione della Repubblica, Art. 3)

 

E’ bene fare memoria dell’articolo 3 della nostra Costituzione, in particolare nella settimana in cui festeggiamo la Repubblica nata dalle ceneri del conflitto e dalla reazione della Resistenza, dove si richiama l’idea di cittadinanza costruita su una uguaglianza formale e anche una sostanziale. L’intera comunità nazionale è impegnata a rimuovere gli ostacoli che limitano la libertà e l’uguaglianza dei cittadini. Si tratta di un programma impegnativo, non solo per lo Stato, ma anche per tutti i cittadini che sono essi stessi parte della Repubblica.

Cosa vuol dire infatti creare le condizioni perché tutti possano realizzare una vita piena e responsabile sul piano della società? Le istituzioni devono essere costruite secondo un principio di inclusione: troppo spesso invece quanto sarebbe esigibile di diritto viene ‘concesso’ da una burocrazia non troppo benevola…  E quanto impegno è ancora necessario perché sia garantita a tutti la possibilità di una vita dignitosa, e di un lavoro attraverso cui prima di ogni altra cosa riconosciamo e realizziamo il nostro contributo alla costruzione del bene comune.

Si tratta di un programma ambizioso e mai pienamente realizzato che ha bisogno di leggi sempre migliori, istituzioni veramente al servizio dei cittadini; ma anche un grado di consapevolezza sempre maggiore che deve maturare all’interno del corpo sociale, e che mobiliti le coscienze nello sviluppare la responsabilità condivisa e l’impegno per una società solidale e coesa.

L’articolo 3 della Costituzione deve però essere letto assieme all’articolo 2.

 

La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

(Costituzione della Repubblica, Art. 2)

 

Il punto è che sarebbe sin troppo facile escludere dai diritti di cittadinanza, in modo da sterilizzare il riconoscimento dei diritti di chi ‘cittadino’ propriamente non è. Esiste infatti una dimensione di tutela della dignità della persona umana che non può essere elusa, ed è per questa ragione che è necessario mantenere un’attenzione costante sulle aree grigie: quelle in cui i diritti non sono riconosciuti e non vengono quindi tutelati.

Da troppi anni il nostro paese attende che sia riconosciuto il diritto di un’ampia fascia di persone, figli di genitori migranti, che non vedono riconosciuta la loro appartenenza alla comunità nazionale della quale, con ogni evidenza, fanno parte: perché qui in Italia sono nati, perché qui hanno a lungo vissuto, perché assieme ai nostri figli hanno frequentato le scuole. I diritti di cittadinanza delle seconde generazioni di immigrati non sono un tema popolare: già in passato importanti leaders politici ne hanno barattato il riconoscimento per priorità diverse. E anche in questa legislatura, né lo Ius Soli temperato, né lo Ius Culturae, né lo Ius Scholae rischiano di trovare l’esito necessario: quello di una legge che renda immediatamente esigibile per chi è nato in Italia, ha vissuto a lungo nel nostro paese, o ha compiuto in Italia un ciclo di studi significativo, il conseguimento della cittadinanza italiana, con l’interezza dei diritti ad essa connessi assieme ai doveri e alle responsabilità che essa comporta.

Ancora assistiamo a meline (scandalose) di chi vorrebbe ritardare questo passaggio, e discute sul come condizionare questo elementare diritto al profitto conseguito nel ciclo di studi frequentato! Come se un debito formativo possa essere barattato con l’esercizio di una dignità di base di chi vive nel nostro paese da anni e non ha altra casa al di fuori di questa. Mentre si minimizza strumentalmente l’impatto che l’attuale normativa impone a giovani privati del diritto di cittadinanza, non si coglie una semplice verità: qualunque ostacolo si frapporrà all’adozione di una normativa sulla cittadinanza non impedirà alla stragrande maggioranza di questi giovani di essere parte integrante della nostra società. L’unica cosa che cambierà sarà il ricordo della frustrazione vissuta nell’attesa di vedere riconosciuta de iure l’appartenenza alla comunità in cui sono spesso nati e sempre a lungo vissuti.

Il giorno della Festa della Repubblica è il giorno della Costituzione: che tutela tutti i cittadini e le cittadine che abitano in questo paese, garantendo le regole necessarie perché tutti possano contribuire alla costruzione di una società più giusta. La società cambia, e se vogliamo essere fedeli alla nostra storia e alla nostra identità dobbiamo costruirla in maniera da riconoscere la dignità di chi vive in mezzo a noi, spesso aiuta e sostiene le nostre famiglie, paga le nostre stesse tasse, frequenta le nostre stesse scuole.

Buona Festa della Repubblica! Buona festa di tutte le sorelle e i fratelli che condividono il destino dell’Italia!