Uno dei campi in cui la forbice delle diseguaglianze si sta allargando è quello ambientale. In questo sito il tema è stato ampiamente affrontato e, da tempo, abbiamo provato a mettere in connessione la “questione ambientale” con quelle sociali e umanitarie (si veda l’articolo di Paolo Beccegato). Andrea Stocchiero ha messo in luce – in questo articolo – come, guardando alle diseguaglianze ambientali, si debbano tenere presenti almeno tre concetti: giustizia climatica, debito ecologico e giustizia intergenerazionale. Questo trinomio permette di capire sempre più in profondità come le diseguaglianze abbiano cause sociali ed ambientali strettamente correlate.

Taranto è divenuta dolorosamente il simbolo di come le “questioni” siano un intreccio oramai inestricabile. Vari studi indicano come i tassi di mortalità più alti si siano riscontrati nei quartieri più prossimi alla zona industriale (ove è collocato lo stabilimento Ilva) e in cui gli abitanti appartengono alle fasce sociali più deboli.

Le epocali sfide ambientali che abbiamo dinnanzi sono state esposte – meglio, denunciate – dalla Laudato sì. Eppure la sensazione – anche nella comunità dei credenti – è che, se da un lato categorie come “transizione ecologica”, “sostenibilità”, “responsabilità sociale” stiano diventando progressivamente patrimonio comune, ancora ci sia poca precisione nel definire i problemi a cui dobbiamo far fronte e poca determinazione nel mettere “a terra” progetti concreti. La presenza della Chiesa italiana a Taranto con la Settimana sociale (svoltasi dal 21 al 24 ottobre, dal titolo « Il pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro, futuro») è stata una presa di coscienza della comunità credente e un momento per assumere impegni concreti (qui è possibile trovare un resoconto della Settimana di Paolo Annechini): un modo per mettere a fuoco e declinare concretamente una prospettiva di “ecologia integrale”.

Vorrei sottolineare tre elementi che sono emersi dalla Settimana sociale e che speriamo possano trovare seguito dopo l’evento.

In primo luogo è stata messa sotto i riflettori a livello nazionale una consapevolezza che già si era diffusa, grazie alla Laudato sì, nelle parrocchie, nelle associazioni e nelle realtà della Chiesa italiana nei territori. Sono emerse numerose “buone pratiche” disseminate in ogni regione italiana che sottolineano come sia maturata dal basso la coscienza che siamo di fronte a un’ultima chiamata per lasciare alle generazioni future una terra abitabile in armonia con il creato.

In secondo luogo, la Chiesa ha riscoperto l’importanza di un’azione di testimonianza concreta su un tema – la tutela del creato – che accomuna tutti gli uomini e le donne, credenti e non credenti. Il richiamo ai governanti circa le loro precise responsabilità per raggiungere obiettivi globali, come si dirà, è stato forte. Più ancora, però, è affiorata la necessità di un impegno concreto, territoriale, di tutte le realtà sociali ed ecclesiali.

La Chiesa ha deciso di fare la propria parte, assumendosi quattro impegni (si veda il discorso conclusivo di S. E. Mons. Filippo Santoro): la creazione di comunità energetiche in tutte le comunità dei fedeli e in tutte le parrocchie italiane; fare buon uso della finanza, sostenendo solo imprese “carbon free”; l’esercizio di un consumo responsabile; la prospettiva di un’alleanza intergenerazionale e tra forze diverse di buona volontà nel nostro Paese. Sono impegni che possono avere un impatto decisivo, considerando che, come ha sottolineato Mons. Santoro, «se in ciascuna delle 25.610 parrocchie del nostro paese si costituisse almeno una comunità energetica che producesse al livello massimo possibile 200 chilowatt (o facesse nascere più comunità che arrivino complessivamente a quella produzione di energia) avremmo dato il nostro contributo con 5,2 gigawatt di nuova produzione da fonti rinnovabili». In questo modo, per il paese sarebbe a portare l’obiettivo di produrre 7 gigawatt all’anno da fonti rinnovabili per giungere a emissioni nette zero nel 2050.

Non tutto ovviamente può essere risolto dalle comunità credenti e dalla società civile. Come ha sottolineato Gianni Borsa nell’ultimo numero di «Segno nel mondo», per fare passi avanti verso l’ecologia integrale, la difesa dell’ambiente, l’economia sostenibile, la promozione del lavoro occorre collaborare con Comuni, Regioni, Parlamento e Governo italiani, e con le istituzioni europee. Così non sono mancate proposte di intervento legislativo, non tutte originali, ma molto significative: la riforma della fiscalità ambientale che tassi le emissioni di Co2; l’abbandono del criterio del massimo ribasso negli appalti pubblici il quale incentiva lo sfruttamento del lavoro e l’evasione fiscale; una premialità per le aziende che tutelano maggiormente la sicurezza sul posto di lavoro; incentivi per la transizione energetica con decarbonizzazione dell’industria; l’emissione di bond sociali di territorio; interventi a favore della mobilità sostenibile e il trasporto pubblico; la valorizzazione e il contrasto allo spreco delle risorse naturali, a partire dalla terra e dall’acqua.

La presa di consapevolezza della miriade di “buone pratiche” locali e i quattro impegni concreti della comunità cristiana sono il lascito più rilevante della Settimana sociale. E’ stato messo in luce un “tessuto” di piccole e grandi comunità che ha sempre lavorato per lenire le ferite sociali e che oggi si impegna per ridurre il proprio impatto ambientale. Tutto ciò senza aspettare le istituzioni politiche, ma operando fin da subito, dal basso, compiendo piccoli gesti nella direzione della sostenibilità.

Così ha trovato concretezza il passo della Fratelli tutti nel quale Papa Francesco ci esortava a non «aspettare tutto da coloro che ci governano, sarebbe infantile. Godiamo di uno spazio di corresponsabilità capace di avviare e generare nuovi processi e trasformazioni. Dobbiamo essere parte attiva nella riabilitazione e nel sostegno delle società ferite» (n. 77). Proprio guardando a questa miriade di nuovi processi e trasformazioni, il pianeta che speriamo si sta – almeno in parte – già realizzando e necessita, oggi più che mai, che gli impegni della Chiesa italiana siano conseguiti.