Laudate Deum: è questo il titolo dell’esortazione apostolica di papa Francesco, la sesta del suo pontificato, resa pubblica il 4 ottobre, festa del “poverello” di Assisi. Un titolo e un’intenzione resi noti dallo stesso papa Bergoglio durante la scorsa estate, quando in occasioni diverse aveva annunciato: «Sto scrivendo una seconda parte della Laudato si’ per aggiornare i problemi attuali».

Laudato si’ e Laudate Deum: la denuncia di un dramma che danneggia tutti

Dunque, otto anni dopo l’enciclica Laudato si’, papa Bergoglio torna in maniera forte sui temi che più di altri lo allarmano e sui quale da tempo ha posto la sua attenzione. Con la Laudato si’ riprendendo le parole dei suoi predecessori Francesco ha esortato il mondo della politica a non avere uno sguardo miope, fermo sul successo immediato senza prospettive a lungo termine e poi ha invitato tutti a liberarsi dall’egoismo, anima delle società consumistiche, cambiando i propri stili di vita.
In questi anni, sappiamo anche che la Laudato si’ ha avuto una forte influenza a livello mondiale suscitando un vastissimo dibattito, non solo in ambito cattolico, sull’atteggiamento verso la salvaguardia del creato. A tale proposito è importante ricordare che fu lo stesso papa Francesco a definirne il carattere liberando la sua terza enciclica da quella “etichetta ambientalista” che molti le hanno attribuito in maniera superficiale. «Non è un’enciclica verde ma un’enciclica sociale», diceva infatti nell’aprile 2020 ai membri della Fondazione Centesimus Annus. Un’occasione che permise al pontefice di ribadire lo «sviluppo di un’ecologia integrale quale priorità a livello internazionale, nazionale e individuale» e di auspicare a «una maggiore sensibilità sui temi ecologici con l’adozione, da parte di molte nazioni, degli Obiettivi di sviluppo sostenibile concordati dalle Nazioni Unite».

L’aggravarsi della crisi climatica è responsabilità dell’uomo

Con Laudate Deum papa Francesco denuncia ciò che appare evidente a tutti: «L’origine umana – “antropica” – del cambiamento climatico non può più essere messa in dubbio. L’aggravarsi della crisi climatica con le sue conseguenze e i disastri ambientali, uniti ai reiterati ritardi della comunità internazionale sugli accordi per limitare le emissioni di gas serra (fattori questi cui si deve anche l’acutizzarsi delle migrazioni causate dal riscaldamento globale), necessitano un aggiornamento nelle linee di indirizzo di intervento, al fine di affrontare, attraverso nuove strategie, le sfide legate ai fenomeni climatici.
Del resto, nel corso del suo pontificato, Francesco non ha mai smesso di invitare tutti, dalle Organizzazioni Internazionali agli Stati fino ai singoli cittadini, a cercare alternative che aiutino a superare la crisi ambientale, ad essere «creativi in queste cose per proteggere la natura e la casa comune». Di fatto, con la nuova esortazione apostolica si arricchisce ulteriormente quella parte del suo magistero dedicato all’«ecologia integrale», riguardante la cura della casa comune con le sue relative implicazioni sociali e politiche.

La pretesa di sostituirsi a Dio è il peccato del nostro tempo

«“Lodate Dio” è il nome di questa lettera. Perché un essere umano che pretende di sostituirsi a Dio diventa il peggior pericolo per sé stesso»: è la postilla che chiude l’esortazione, ma è soprattutto la sintesi perfetta delle preoccupazioni di un papa che comprende i pericoli verso cui è avviata un’umanità che sembra ignorare che: «La vita, l’intelligenza e la libertà dell’uomo sono inserite nella natura che arricchisce il nostro pianeta e fanno parte delle sue forze interne e del suo equilibrio». Per Francesco, siamo vittime e carnefici più o meno consapevoli del «paradigma tecnocratico» – già denunciato dal papa nella Laudato sì – e cioè il pensare «come se la realtà, il bene e la verità sbocciassero spontaneamente dal potere stesso della tecnologia e dell’economia».

La crescita tecnologica non è accompagnata da uno sviluppo dell’essere umano

Francesco chiede a tutti di impegnarsi a superare questa visione manipolatrice di futuro che «ci acceca e non ci permette di vedere» che «l’immensa crescita tecnologica non è stata accompagnata da uno sviluppo dell’essere umano per quanto riguarda la responsabilità, i valori e la coscienza». E aggiunge: «Contrariamente a questo paradigma tecnocratico diciamo che il mondo che ci circonda non è un oggetto di sfruttamento, di uso sfrenato, di ambizione illimitata. Non possiamo nemmeno dire che la natura sia una mera “cornice” in cui sviluppare la nostra vita e i nostri progetti, perché “siamo inclusi in essa, siamo parte di essa e ne siamo compenetrati”».

Idee sbagliate di “meritocrazia” e domande di senso

Ad accompagnare la denuncia del «paradigma tecnocratico» quella per le «idee sbagliate sulla cosiddetta “meritocrazia”, che è diventata un “meritato” potere umano a cui tutto deve essere sottoposto, un dominio di coloro che sono nati con migliori condizioni di sviluppo».
Francesco chiede e denuncia: «Se non si cerca una reale uguaglianza di opportunità, la meritocrazia diventa facilmente un paravento che consolida ulteriormente i privilegi di pochi con maggior potere. In questa logica perversa, cosa importa loro dei danni alla casa comune, se si sentono sicuri sotto la presunta armatura delle risorse economiche che hanno ottenuto con le loro capacità e i loro sforzi?».
E ancora: «Nella propria coscienza, e di fronte ai figli che pagheranno per i danni delle loro azioni, si pone la domanda di senso: qual è il senso della mia vita, qual è il senso del mio passaggio su questa terra, qual è in definitiva il senso del mio lavoro e del mio impegno?».

Ripensare noi stessi, per comprenderci più umili e più ricchi

Nulla è perduto, tutt’altro. «La cultura postmoderna», sottolinea Francesco, «ha generato una nuova sensibilità nei confronti di chi è più debole e meno dotato di potere». Contemporaneamente: «Il mondo sta diventando così multipolare e allo stesso tempo così complesso che è necessario un quadro diverso per una cooperazione efficace. Non basta pensare agli equilibri di potere, ma anche alla necessità di rispondere alle nuove sfide e di reagire con meccanismi globali a quelle ambientali, sanitarie, culturali e sociali, soprattutto per consolidare il rispetto dei diritti umani più elementari, dei diritti sociali e della cura della casa comune. Si tratta di stabilire regole universali ed efficienti per garantire questa protezione mondiale».
«Se abbiamo fiducia nella capacità dell’essere umano di trascendere i suoi piccoli interessi e di pensare in grande, ci dice Francesco, «non possiamo rinunciare a sognare che la COP28 porti a una decisa accelerazione della transizione energetica, con impegni efficaci che possano essere monitorati in modo permanente». Possiamo salvare la casa comune e noi stessi se sapremo mettere «fine all’idea di un essere umano autonomo, onnipotente e illimitato, e ripensare noi stessi per comprenderci in una maniera più umile e più ricca».

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