All’inizio del percorso di questa campagna abbiamo deciso di impegnarci, come realtà di ispirazione cristiana, a mettere in evidenza il problema delle diseguaglianze e a proporre un cammino di sensibilizzazione e azione. Più volte, in questo blog, abbiamo ribadito la necessità di un mutamento di paradigma in vari settori: quello ambientale, delle migrazioni, dell’educazione e della pace. Ambiti in cui si perpetrano diseguaglianze tra le persone e i popoli.

Negli ultimi anni abbiamo sperimentato che le diseguaglianze sono aumentate in tutti i campi e con una velocità ancor più elevata. La diffusione del virus ha peraltro accelerato processi che generano iniquità e creato nuovi fronti di diseguaglianza [1].

Allo stesso tempo, le conseguenze della pandemia, con un mercato quasi al collasso, hanno creato le condizioni per intensificare un dibattito sul paradigma economico e sociale dominate. Un inizio di cambiamento si percepisce nel lessico. Anche i fautori più convinti del liberalismo iniziano ad ammettere che le comunità politiche devono intervenire nel mercato. In breve tempo si è passati da un linguaggio legato a un ambito semantico liberista – profitto, liberi scambi, astensione degli Stati, privatizzazioni – a un altro che include la responsabilità delle comunità – nazionalizzazioni, intervento dello Stato, sussidi e sostegni.

Ci siamo resi conto dell’importanza di “ciò che è comune”, dell’appartenenza reciproca e dell’insostituibile ruolo che le comunità politiche e le istituzioni svolgono. Sembra che l’individualismo del profitto, predicato come l’unico obiettivo per creare sviluppo, abbia lasciato il posto a una necessaria solidarietà. Così ciò che era predicato quale frutto “naturale” della globalizzazione – la diseguaglianza strutturale – si è svelato essere una scelta ideologica ingiusta e insostenibile.

C’è però da tenere alta l’attenzione. Si tratta di un cambio che è stato tanto improvviso quanto futile, se sarà inteso solo come risposta alla crisi attuale. Potrebbe anzi divenire una beffa: si richiama, infatti, lo Stato “imprenditore” solo nel momento delle perdite, per poi relegarlo a “regolatore” nel momento dei profitti. Per questo è necessario oggi accompagnare il cambiamento della semantica economica a un pensiero che sappia dare una struttura diversa agli scambi.

In questo senso si torna a parlare di “democrazia economica” che significa, da un lato, la possibilità di restituire alle istituzioni democraticamente elette la possibilità di intervenire e correggere scambi economicamente ingiusti e, dall’altro, di dare voce – all’interno delle imprese – ai lavoratori che con la loro opera contribuiscono, come gli investitori, alla creazione di valore.

Democrazia economica significa inoltre uno sguardo differente sulla proprietà, che è necessario condividere e non tenere per sé. Il diritto alla proprietà è un diritto derivato dal principio della destinazione universale dei beni: è dunque quest’ultimo che deve orientare la ripartizione del primo (si veda Fratelli tutti, n. 120). Anche recentemente Papa Francesco è tornato sul tema, affermando che la condivisione dei beni «non è comunismo, è cristianesimo allo stato puro» [2].

Il paradigma della democrazia economica deve essere ispirato al principio di solidarietà: di una solidarietà che, riducendo le diseguaglianze, non livelli le posizioni, ma che sappia valorizzare il pluralismo. Una solidarietà – potremmo dire – arricchita dalla fraternità. Papa Francesco ha spiegato bene quest’idea, in un folgorante e forse poco noto discorso: «mentre la solidarietà è il principio di pianificazione sociale che permette ai diseguali di diventare eguali, la fraternità è quello che consente agli eguali di essere persone diverse. La fraternità consente a persone che sono eguali nella loro essenza, dignità, libertà, e nei loro diritti fondamentali, di partecipare diversamente al bene comune secondo la loro capacità, il loro piano di vita, la loro vocazione, il loro lavoro o il loro carisma di servizio» [3].

Una solidarietà arricchita dalla fraternità è ciò che può istituire nuovi rapporti economici e, così facendo, superare – non solo nel linguaggio del momento – le strutture di potere economico che producono iniquità.

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[1] Si veda la relazione di Matteo Trufelli tenuta durante l’ultimo seminario organizzato dalla nostra campagna: https://www.chiudiamolaforbice.it/2021/01/11/la-pandemia-e-laumento-delle-diseguaglianze/

[2] Papa Francesco, Santa Messa della Divina Misericordia. Omelia del Santo Padre Francesco, Chiesa di Santo Spirito in Sassia, II Domenica di Pasqua (o della Divina Misericordia), 11 aprile 2021 in https://www.vatican.va/content/francesco/it/homilies/2021/documents/papa-francesco_20210411_omelia-divinamisericordia.html

[3] Francesco, Messaggio del Santo Padre Francesco alla Prof.ssa Margaret Archer, Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, in occasione della sessione plenaria, Vaticano, 24/04/2017, in http://www.vatican.va/content/francesco/it/messages/pont-messages/2017/documents/papa-francesco_20170424_messaggio-accademia-scienzesociali.html