C’è voglia di Pace, di obiezione alla violenza in Italia e nel mondo. Ce lo dicono i giovani volontari in servizio civile, ce lo gridano milioni di famiglie che scappano dalle guerre

Il 12 marzo 2021 si è svolto l’annuale incontro dei giovani in servizio civile degli enti del TESC (Tavolo Ecclesiale sul Servizio Civile). La data fa memoria di San Massimiliano di Tebessa, giovane martire per obiezione di coscienza che nel 295 d.C. scelse la pace rifiutando, come cristiano, di prestare il servizio militare nell’esercito romano e per questo fu ucciso. Come ogni anno,  in questa data il TESC propone una giornata di incontro, di riflessione e di festa ai giovani di tutta Italia che svolgono il servizio civile  Come San Massimiliano, anche quanti scelgono il servizio civile oggi sono testimoni di una scelta di pace, servizio e responsabilità per il bene comune. È stata un’ occasione per ricordare i 20 anni dall’istituzione del servizio civile su base volontaria ed aperto anche alle donne con la legge n. 64 del 6 marzo 2001; ben 523.000 ragazze e ragazzi hanno fatto questa esperienza di formazione civica e sociale, un’esperienza trasformatrice nella propria vita ordinaria, del loro concetto di solidarietà, di non violenza, di inclusione, di interdipendenza. Vedi video su https://www.youtube.com/user/CaritasItaliana

E in quest’ottica di cittadinanza globale, Giovanni Rende, rappresentante nazionale del volontariato, non ha potuto fare a meno di sottolineare, accanto ai 20 anni di Servizio Civile, i 10 anni di Guerra in Siria.
“Ciò che sta succedendo in Siria è una situazione drammatica di ‘violenza sistemica’  in cui persone normali si ritrovano a compiere atti violenti travolti da un sistema che li induce a essere sempre più violenti, a non poter rientrare nelle loro case. La violenza sistemica é l’opposto della cultura della pace. In Europa e nel mondo occidentale non ci troviamo nella situazione di violenza sistemica come quella che si sta vivendo in Siria da dieci anni. Ma anche noi viviamo le nostre “violenze sistemiche”, forse settoriali non generalizzate, come le violenze contro le minoranze, gli esclusi, gli stranieri e anche contro le donne con un numero troppo alto di femminicidi. Anche la nostra società, seppure non violenta come quelle siriana, vive delle violenze sistemiche”. Oggi  non siamo più tenuti a fare obiezione di coscienza al servizio militare, che non é piú obbligatorio, fare servizio civile significa cercare di essere sempre più coscienti di quelle che sono le violenze che la nostra società vive contro gli esclusi, gli stranieri, ecc.. Significa riconoscere i conflitti delle nostre società e obiettare laddove il sistema, politico o la società stessa, ci impone fare determinati comportamenti violenti”. ” Il servizio civile volontario è la palestra migliore che il Paese oggi offre per allenarci all’obiezione di coscienza e lo dimostrano i giovani che in questa situazione di pandemia si sono resi disponibili senza remore a fronteggiare e a portare avanti il loro servizio, nonostante avrebbero potuto restare a casa e percepire ugualmente il contributo economico previsto.” Lo dimostrano anche i 125.000 candidati che si sono proposti quest’anno per partecipare attivamente a progetti di servizio civile. Un numero record.

E un messaggio forte e chiaro é arrivato anche da Don Renato Sacco, coordinatore nazionale di Pax Christi. “Il mio augurio è che il servizio civile oggi più che mai possa aiutare i giovani ad essere più critici della società che li circonda. Coloro che svolgono il servizio civile svolgono un ruolo molto importante, non solo di solidarietà ma anche di annuncio e denuncia contro la guerra per la costruzione della pace”. “Solo l’Italia ha speso quest’anno 26 miliardi in armi”.

Di questo passo la pace è ancora lontana. Ci sono ferite ancora aperte e violazioni perpetrate dei diritti umani che continuano a generare conflitti, violenze, abusi e a diffondere morte.  Dopo dieci anni dall’inizio della guerra civile in Siria, ancora si combatte tra governativi e ribelli, tra formazioni terroristiche e truppe regolari (lealiste, curde ed estere) così come tra formazioni di Paesi diversi che hanno scelto il teatro siriano quale campo di battaglia. Non solo si continua a combattere, ma è aumentata la violenza diffusa e l’insicurezza tra la popolazione, sia a livello domestico sia a livello comunitario; un fenomeno, soprattutto quest’ultimo, che prima della guerra era pressoché irrilevante. Oltre agli orrori di una tra le più orribili guerre dell’era moderna, la povertà tra la popolazione dopo dieci anni ha toccato livelli record, portando alla fame, letteralmente, milioni di persone.

Nel recente dossier pubblicato da Caritas Italiana in occasione di questo triste anniversario “La speranza del ritorno. Dieci anni di guerre, tra violenze, distruzione e vite sospese” potrai approfondire il percorso di dieci anni di conflitto, le responsabilità dell’intera comunità internazionale, le proposte della chiesa e della società civile. Oggi 13,4 milioni di persone sono bisognose di assistenza umanitaria e il 70% della popolazione, circa 12 milioni di siriani,  ha uno scarso accesso al cibo. Sono 13,3 milioni le persone fuggite dalla guerra e ancora oggi sfollate: 6,6 milioni  hanno trovato rifugio fuori dalla Siria, 6,7 all’interno dei confini nazionali.
Dati, documenti e testimonianze di una guerra dimenticata come molte altre che ci interpellano tutti, come unica famiglia umana. ll Dossier è on line e lo puoi scaricare da questo link.


Dedicato a coloro che non lo possono più raccontare, dedicato a chi è chiamato a impegnarsi nella difesa dei diritti umani e nel contrasto alle disuguaglianze sociali, a tutte le vite sospese che attendono protezione e un rifugio sicuro e a tutti i giovani perché non si arrendano nella faticosa opera quotidiana di costruire una cultura di pace e di fraternità mondiale come ci ha  nuovamente ricordate papa Francesco nel suo accorato appello durante il recente viaggio apostolico in Iraq: “Tacciano le armi! … Si dia voce ai costruttori, agli artigiani della pace! “

Per saperne di più www.caritas.it – mona@caritas.it