Il 5 settembre, nell’anniversario della morte nel 1997 di Santa Teresa di Calcutta (Premio Nobel per la Pace nel 1979), si celebra la Giornata internazionale della Carità, istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel dicembre 2012, in memoria di una donna unica.

Proclamata santa il 4 settembre 2016, Madre Teresa diceva: “La santità non è un privilegio di pochi. È un semplice dovere per voi, per me. Se vi sono poveri nel mondo è perché voi ed io non diamo abbastanza”. Carità è il donare sé stessi, farlo innanzitutto per i poveri, per la loro dignità, per il bene comune, per lo sviluppo umano integrale. La carità supera la giustizia, arriva ad amare il nemico, a perdonare, alle vette che solo la fede e la speranza permettono di raggiungere. A sua volta l’incontro del povero nella carità, alimenta le altre virtù, in un circolo virtuoso, appunto.

Paolo VI però ammoniva: “Non sia dato per carità ciò che è dovuto per giustizia”. La fame e la sete di giustizia, alimentati dalla carità, lottano contro la povertà e le diseguaglianze, anche con gli strumenti dell’advocacy e della tutela dei diritti. Perché via sia uno sviluppo davvero integrale, per tutti gli uomini e per tutto l’uomo, occorre un cambiamento radicale di mentalità, che faccia prevalere – come dice la parola stessa – l’idea di integrare e non quella di escludere, di creare “prodotti di scarto” a livello sociale ed economico, cosa che capita sempre di più col crescere delle diseguaglianze.

Madre Teresa ci insegna cosa significa invece dare la vita per i più poveri. E farlo con gioia. Con il sorriso. Un giorno – raccontava il Cardinale Angelo Comastri – un fotografo famoso le chiese: “Madre, io vorrei cogliere i segreti di questi occhi. Perché i suoi occhi sono così felici? Io ho fotografato attori, attrici, ma non ho mai visto occhi così felici.” La risposta della Madre fu un capolavoro: “se vuole sapere il segreto è molto semplice, i miei occhi sono felici perché le mie mani asciugano tante lacrime. Faccia così anche lei”.

Una Chiesa che sa farsi missionaria, che esce da cenacoli, sacrestie e privilegi, che si fa prossima agli ultimi in ogni modo, è quella che Papa Francesco ci propone costantemente. Occorre un continuo scambio tra azione e contemplazione, tra vita e fede, tra carità concreta e carità spirituale. La sesta raccolta di preghiere dal titolo Carità è missioneappena pubblicata da Caritas Italiana, intende andare in questa direzione. I testi sono stati scritti nel corso dell’anno pastorale dagli operatori di Caritas Italiana e traggono spunto dall’incrocio di due spinte precise: le indicazioni della Cei sull’azione missionaria, modello di ogni azione della Chiesa e la riflessione verso il 50° di Caritas Italiana che si celebrerà l’anno prossimo. A queste due spinte si è sovrapposta, inevitabilmente, l’emergenza Covid-19, che ha inciso profondamente anche nella dimensione e nella vita spirituale di tutti noi. Ed è nell’alveo in cui tutte queste riflessioni sono confluite, mescolandosi, che le preghiere hanno visto la luce. Nella consapevolezza che lo stile della carità-missione somiglia “a un canto dolce, una lampadina che si accende, un passo lento ma costante, silenzioso, una carezza che, chinato il capo, con la guancia si vuol trattenere”. Un cuore di pietra che – nella preghiera – si trasforma in cuore di carne.