A poche settimane dalla conclusione dell’HLPF (High Level Political Forum, chiusosi a New York il 18 luglio), la comunità internazionale non sembra aver ancora trovato un orizzonte operativo efficace sul come dare una risposta alle questioni che attraversano il pianeta: le disuguaglianze continuano a rappresentare una spada di Damocle sospesa sulla testa delle persone più deboli e vulnerabili, destinati a sostenere la maggior parte dei costi del cambiamento climatico. Anche gli impegni relativi all’attuazione dell’accordo di Parigi sul cambiamento climatico non sembrano tali da giustificare ottimismo rispetto agli obiettivi di limitazione delle emissioni che gli scienziati dell’IPCC (International Panel on Climate Change) hanno definito come necessari per garantire un pianeta vivibile anche per le prossime generazioni.
Eppure, è proprio l’HLPF il luogo in cui la comunità globale dovrebbe fare un esercizio di chiarezza nel riconoscere i passi in avanti, ma anche la necessità di un impulso decisivo nella messa in opera dell’Agenda 2030. E’ inutile negarlo, le cose a livello internazionale non stanno andando bene: per il terzo anno consecutivo aumenta il numero di coloro che soffrono la fame. E non si può certo dire che si stia sviluppando una vera consapevolezza sul pericolo gravissimo che incombe sulle prossime generazioni, anche quelle dei paesi ricchi, e che in qualche modo possono sentirsi ancora ‘al sicuro’ (nonostante il fatto che effetti diretti degli scompensi climatici siano ormai sotto gli occhi di tutti, e tocchino ormai anche i nostri paesi ‘ricchi’).
C’è da invertire delle tendenze ma non sembra che ci sia ancora una presa in carico davvero efficace delle sfide, nonostante qualche segno di risveglio da parte dell’opinione pubblica. Rimane l’urgenza di invertire la tendenza alla sempre maggiore concentrazione della ricchezza (e con essa del potere politico), di operare per limitare il cambiamento del clima, nel rimettere al centro del dibattito i diritti umani e la dignità di ogni abitante del pianeta. E’ una via difficile, che incontra numerosi ostacoli. Ed è su questi che vorremmo concentrare la nostra riflessione di oggi: su quelli che, provocatoriamente, vogliamo identificare come i ‘nemici’ o meglio i ‘falsi amici’ di questo percorso. Non per buttare via quanto di buono è stato compiuto fino ad ora, ma nell’intento di scuotere la nostra già intorpidita percezione dell’Agenda 2030, e ridare slancio ad uno sforzo verso una prospettiva vitale per tutta l’umanità e la salvaguardia della nostra casa comune.
- Gli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile, quelli su cui tutti lavorano, per ‘metterli in pratica’…. Ma siamo sicuri che basti ‘mettere in pratica’ gli OSS, per realizzare un mondo più sostenibile? Basta vedere l’ultima relazione del Segretario Generale delle Nazioni Unite, per ricordare da una parte i risultati raggiunti sui singoli obiettivi; ma anche il riconoscimento esplicito che la comunità globale è fuori strada, e che il contesto generale è sempre meno favorevole alla realizzazione di un mondo più giusto e accogliente per tutti! Come dire: l’operazione è riuscita perfettamente, ma il paziente è in fin di vita… Senza contare le tensioni e le contraddizioni che attraversano obiettivi e targets… siamo sicuri che il livello dei conflitti nel mondo dipendano dai soli flussi ‘illeciti’ di armi, come sembra credere il target4…? Gli OSS possono essere degli strumenti importanti; ma sempre più essi vengono presi uno alla volta, contribuendo a chiudere l’angolo della nostra visuale.
- Gli indicatori, su cui è al lavoro una commissione tecnica di esperti. Sono necessari per misurare il raggiungimento degli OSS e dei loro targets, ma la loro definizione dipende da un accordo su ‘cosa’ deve essere misurato, e sul ‘come’. Ad oggi, 4 anni dopo l’adozione dell’Agenda 2030 dei 232 indicatori selezionati, solo su 104 c’è un accordo su ‘cosa’ e ‘come’ deve essere misurato, insieme ad una base di dati sufficiente prodotta dai diversi paesi: un sistema estremamente complesso che mette a dura prova i sistemi statistici anche dei paesi più attrezzati… Su alcuni indicatori, peraltro, è abbastanza difficile arrivare a definire una modalità di misurazione davvero significativa; come nel caso dell’indicatore 10.7.2, in cui si vuole misurare il ‘numero di paesi con politiche migratorie che facilitano migrazioni e mobilità delle persone ordinate, sicure, regolari e responsabili’, e che potrebbe quindi accettare come ‘sostenibile’ una politica basata sul respingimento e la dissuasione, anche a discapito dei diritti delle persone… Ma ci sono cose fondamentali che non possono essere misurate (e infatti è difficile trovarne traccia nel sistema di targets e indicatori…): i diritti umani, la dignità della persona, la speranza delle future generazioni… Per dirla con Albert Einstein, il rischio è quello di continuare a ‘contare quello che non conta, e non contare quello che conta davvero’
- L’High Level Political Forum (HLPF), il Forum Politico di Alto Livello che si riunisce ogni anno per fare il punto sullo stato di attuazione dell’Agenda 2030. In teoria si tratta del ‘luogo di dibattito globale’ per eccellenza; in pratica, a soli 4 anni dal suo inizio rischia di rappresentare lo stanco rituale di un meccanismo preoccupato solo di sé stesso. E’ difficile riconciliare la ostentata soddisfazione dei vertici internazionali, e una situazione mondiale complessivamente in peggioramento: è necessario mantenere i decisori globali ancorati a una realtà che si rischia di perdere di vista. La sempre maggiore formalizzazione della partecipazione da parte della società civile, il fatto di partecipare a questi eventi di alto livello rappresenta una opportunità importante, ma rischia di giustificare sé stessa attraverso questa stessa partecipazione; mentre invece gli spazi reali di interlocuzione efficace sembrano ridursi sempre di più. Siamo così concentrati sul dito del ‘meccanismo di monitoraggio’ da perdere di vista il fatto che la luna potrebbe essere oscurata da una eclissi senza fine…
- Le Voluntary National Reviews (VNR), gli esami volontari nazionali: sono le occasioni che ogni paese ha per presentare lo stato di attuazione del proprio piano di sviluppo sostenibile nel corso dell’HLPF (l’Italia ha condotto la propria VNR nel 2017). Ma il poco tempo a disposizione e le modalità con cui viene preparato il documento che serve come base alla VNR stessa (spesso senza alcun confronto con gli attori sociali e la società civile), hanno suscitato le critiche di molti. Ma c’è un elemento ancora più importante: siamo sicuri che raddrizzare la rotta di una situazione preoccupante come quella attuale, sia cosa che possa e debba essere fatta soprattutto a livello nazionale? Gli sforzi di ogni paese sono importanti, ma senza una presa in carico dei meccanismi sistemici e globali è difficile che qualche reale cambiamento possa prodursi: i temi del cambiamento climatico, della mobilità umana, della finanza, del cambiamento tecnologico superano (o neanche vedono…) i confini nazionali; e senza una decisa ed efficace iniziativa multilaterale.
Esiste un quinto nemico, e forse è il più difficile da sconfiggere: si tratta della nostra stessa passività. Se molti meccanismi, a livello nazionale come internazionale, si presentano come vuoti e formali, è anche perché da parte della società civile si è fatto fatica a dare una continuità nell’impegno su queste questioni. OSS, indicatori, HLPF e VNR potranno diventare strumenti del cambiamento se i percorsi in cui sono inseriti saranno nutriti di partecipazione attenta ed esigente. Essere cittadini del mondo significa accettare le responsabilità collegate a questo diritto/dovere di cittadinanza: rimanere nelle nostre esperienze locali (pur ‘calde’ e accoglienti) rischia di rappresentare un comodo rifugio. Occorre invece un rilancio forte della nostra capacità di cogliere la dimensione globale delle questioni, e la capacità di stabilire quei collegamenti per cui la scena del cambiamento attraversa i nostri territori per passare attraverso il piano nazionale e continentale, fino ad arrivare al livello globale. Senza questa attenzione rischiamo di essere come una cabina del Titanic, ermeticamente sigillata, dotata di tutti i comfort; ma destinata ad andare a picco con il resto della nave.
Ciascuno di noi ha una prima responsabilità diretta, che è quella di informarsi: il dossier ‘Vertici Internazionali: servono veramente ai poveri?’ è uno strumento che vuole sostenere questo sforzo. Soltanto cittadini informati sapranno identificare le strategie necessarie a riportare la comunità globale su una strada di sostenibilità.