La questione della disuguaglianza è strettamente intrecciata all’accesso e alla distribuzione di terra. Nella storia il controllo e l’uso della terra è sempre stato fondamentale per il genere umano e il suo rapporto con la natura. Negli ultimi decenni con la globalizzazione, il cambiamento climatico e la scoperta dei limiti del nostro pianeta, il tema della terra è diventato di carattere esistenziale.

A tal proposito nel secondo dopoguerra in occidente e con l’indipendenza dei paesi del Sud dalle ex colonie, la questione della terra è stata uno dei grandi temi politici delle democrazie con l’avanzamento delle riforme agrarie. Le terre sono state redistribuite dai vecchi latifondisti ai contadini. Si è trattato di una grande trasformazione per l’uguaglianza.

Purtroppo nei decenni successivi, e in particolare dagli anni ’80 del secolo scorso con l’avvento del neoliberismo e di nuove misure neocolonialiste, del resto mai interrottesi dopo le indipendenze, i processi di riforma agraria si sono arrestati e si sono trasformati a favore di una pretesa maggiore efficienza ed efficacia delle grandi corporazioni dell’agrobusiness, che hanno espulso contadini e popoli indigeni.

Si è così parlato di un nuovo latifondismo anche in Europa e non solo nei paesi del Sud: Chi sono i nuovi latifondisti che si stanno accaparrando le terre in Europa (agrifoodtoday.it) attraverso le operazioni di accaparramento delle terre o land grabbing. Operazioni che ora si stanno moltiplicando a causa di una nuova corsa alla terra.

Questo ci porta alla sesta edizione del rapporto Padroni della Terra, che sarà presentato da Focsiv il 18 ottobre prossimo a Roma presso la sala Matteotti in Palazzo Theodoli Bianchellidella Camera (VI Rapporto Focsiv sull’accaparramento della Terra 2023 – Focsiv). Come oramai tradizione, continuiamo a monitorare l’accaparramento delle terre a danno dei popoli indigeni e dei contadini, causa di continue e nuove disuguaglianze. I nuovi dati da Land Matrix ci aggiornano di un fenomeno che non accenna a ridursi, ma anzi si rafforza a causa di nuove tendenze geopolitiche ed economiche internazionali.

La distribuzione degli accordi conclusi per area geografica in milioni di ettari è pari a un totale di 114,8 milioni di ettari. L’Africa è il primo continente dove si realizzano gli investimenti che possono comportare fenomeni di accaparramento di terre a danno delle comunità locali, seguito dall’America Latina, dall’Europa orientale e poi dall’Asia. La distribuzione per intenzione di investimento è suddivisa al 40% per sfruttamento di foreste, 33% per altri motivi tra cui in particolare l’estrazione mineraria, e al 26% per l’agricoltura. Il 67% dell’area oggetto di accordi ha operazioni in corso, il 25% in fase di avvio, per il 5% dell’area le operazioni sono state abbandonate, e per il 3% le operazioni non si sono ancora avviate.

Secondo uno sguardo geopolitico è evidente la preminenza dei paesi occidentali, seguiti dalla Cina, mentre la Federazione Russa appare più oggetto di interessi esteri che soggetto di operazioni di investimento sulla terra in altre nazioni. In particolare, i dati Land Matrix, indicano come la Cina sia attualmente il paese con più interessi distribuiti nel mondo, avendo accordi con ben 53 paesi per la concessione di terre, seguita dagli Stati Uniti con investimenti in 47 paesi, segue la Gran Bretagna, un paese ex coloniale e imperiale, che mantiene accordi con 42 paesi, e il Canada che grazie ad alcune grandi imprese multinazionali del settore estrattivo opera in 41 paesi. A distanza vi sono altri paesi occidentali sede di multinazionali come l’Olanda che investe in 33 paesi e la Svizzera in 29 paesi.

Se si analizzano più in dettaglio i dati si possono notare alcune concentrazioni di interessi tra paesi investitori e paesi oggetto di operazioni di acquisizione e concessione di terre. Vi sono paesi come il Giappone, la Svizzera e la Gran Bretagna che hanno grandi investimenti sulla terra della Federazione Russa (rispettivamente per 7,5, 5,8 e 2,2 milioni di ettari), mentre il Belgio e la Cina svolgono grandi operazioni nella Repubblica Democratica del Congo (per 4,7 e 3 milioni di ettari, rispettivamente). Infine il Perù attrae grandi investimenti soprattutto dal Canada (4,4 milioni di ettari) e dalla Spagna (4,1 milioni di ettari).

Nel rapporto i capitoli dedicati al racconto di un anno di land grabbing e di alcuni casi di accaparramento in Paesi del Sud del mondo, dal Perù al Myanmar, passando per diversi Paesi africani, ci mostra il continuo conflitto tra grandi interessi economici e politici e il diritto alla terra di chi vi abita e la custodisce.

In particolare, la convergenza tra le conseguenze della guerra in Ucraina, con l’uso del cibo come arma impropria, e la transizione ecologica con la nuova corsa alle materie prime critiche, sta provocando una accelerazione della competizione tra blocchi geopolitici per il controllo e lo sfruttamento della terra.

D’altra parte, l’accaparramento è un fenomeno strutturale della crescita economica sia dell’economia capitalista che di quella pianificata, e ora può anche esserlo, paradossalmente, di quella verde e presuntamente circolare.  Un fenomeno che contribuisce alla drammatica riduzione della biodiversità. Numerosi scienziati infatti denunciano come si stia assistendo ad una “sesta estinzione di massa” di specie animali e vegetali, dovuta anche al cambiamento climatico. Una estinzione a cui cercano di far fronte le Nazioni Unite con nuovi impegni per la preservazione della biodiversità, così come per arrestare il riscaldamento climatico. Ma i progressi sono lenti e soprattutto l’attuazione da parte degli Stati-nazione è largamente insufficiente.

L’impegno politico coinvolge anche l’Unione Europea che sta negoziando la nuova direttiva per regolare il comportamento delle imprese in modo da salvaguardare i diritti umani, tra cui il diritto alla terra, e l’ambiente. Le organizzazioni della società civile italiana, con la Campagna Impresa2030, a cui partecipa la Focsiv, sono attivamente impegnate nel sostenere un negoziato che riconosca i diritti delle comunità a decidere della propria vita, difendendosi dai grandi interessi privati.

Non ultimo è l’impegno concreto, sul campo, delle nostre Organizzazioni della società civile che cooperano con le comunità locali per difendere il diritto alla terra e migliorare le condizioni di vita anche con l’agroecologia. Come si testimonia nell’ultimo capitolo del rapporto.

Certo è che questo impegno volontario e solidale deve essere maggiormente valorizzato e sostenuto dalla politica estera e di cooperazione internazionale dell’Italia. Questo impegno dovrebbe rappresentare l’asse centrale di una nuova cooperazione per la fratellanza umana e l’ecologia integrale. Una cooperazione da rilanciare raggiungendo lo 0,70% del reddito nazionale lordo per l’aiuto pubblico allo sviluppo, come si è impegnato a fare lo Stato italiano, già cinquant’anni fa e, ancora recentemente, firmando l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite: questo chiede la Campagna 070 (La campagna – campagna 070 %).

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