La pandemia del Covid-19 è un dramma che ha messo in risalto il bisogno di solidarietà delle nostre società. Solidarietà per garantire il diritto alla salute assieme al diritto al lavoro, al non sentirsi esclusi.

Solidarietà che travalica le istituzioni e che ha visto l’impegno delle donne e degli uomini di buona volontà di tutta Italia, di tutto il mondo, a tutti i livelli e in tutti i modi possibili. Anche con creatività, si pensi al “tampone sospeso”. Ai volontari che continuano ad operare per assicurare i pacchi alimentari nei quartieri, la sicurezza delle persone più fragili, fino alla solidarietà internazionale sostenendo ad esempio la campagna “dacci oggi il nostro pane quotidiano”.

Anche i giovani volontari del Servizio Civile Universale hanno trovato il modo di impegnarsi in attività di assistenza alle proprie comunità locali, sia con iniziative di distribuzione aiuti, sia supportando a distanza percorsi di formazione e informazione giovanile. Moltissimi tra loro non hanno potuto realizzare il loro sogno di svolgere l’esperienza all’estero a causa della pandemia: di un contingente di circa 1000 giovani che dovevano partire per l’estero sono circa 130 quelli che sono riusciti a farlo. E coloro che lo hanno fatto si trovano a fronteggiare un servizio civile che, in un periodo di pandemia da Covid-19, dà un nuovo senso al termine “responsabilità”: verso se stessi, verso i colleghi volontari e collaboratori, verso i destinatari dei progetti. Oggi più che mai le scelte personali si traducono in scelte collettive e dunque politiche.

Il volontariato ancora una volta è dunque protagonista assoluto nel tenere la coesione sociale, nel cercare di ricucire la frammentazione e l’isolamento, le solitudini, le esclusioni. Una società sana è una società che ha diffuso l’anticorpo del volontariato, della solidarietà e della responsabilità.Il volontariato rende concreto il diritto alla vita di tutte e di tutti.

Questo ovviamente non basta, se non è accompagnato da una altrettanto sana politica delle istituzioni di prossimità, vicinanza, comunità, collaborazione sul territorio con le associazioni e le diverse espressioni del volontariato. Viceversa una politica dell’accentramento della cura, della sua specializzazione tecnica e privatizzazione, mostra le corde, la sua profonda inefficienza e inefficacia di fronte alla pandemia. In questi casi il volontariato si trova a giocare un ruolo di sostituzione e di supplenza delle istituzioni. Un ruolo legato all’emergenza.

La presenza sul territorio del volontariato è dunque fondamentale, tanto qui in Italia, quanto nei paesi con cui si condivide la solidarietà. In Albania, ad esempio, dove i volontari in Servizio Civile Universale (SCU) contribuiscono a rafforzare le capacità locali in termini di formazione e educazione, in un periodo reso ancora più complesso dalla pandemia, o in Camerun, dove altre volontarie SCU supportano progetti sanitari e di promozione sociale. O ancora in diverse aree rurali dello Zambia, dove il sostegno alle attività produttive e di agricoltura sostenibile, vede i volontari SCU impegnati in azioni di formazione e supporto alle comunità.

Il volontariato è il sale di una società viva. Papa Francesco nel giugno di quest’anno aveva già evidenziato che “Il volontariato è una delle cose più grandi che ha la società italiana”, ricordando il lavoro fatto dai volontari durante la pandemia di coronavirus e quanti avevano perso la vita.“Non serve – ha sottolineato il Papa – agitarsi per preservare la propria vita, con un atteggiamento timoroso ed egoistico. Gesù ammonisce: chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, cioè per amore, per amore di Gesù, per amore verso il prossimo, al servizio degli altri, la troverà. È il paradosso del Vangelo”. E ancora: “la pienezza della vita e della gioia si trova donando sé stessi per il Vangelo e per i fratelli, con apertura, accoglienza e benevolenza”. “Così facendo – ha aggiunto – possiamo sperimentare la generosità e la gratitudine di Dio. Ce lo ricorda Gesù ‘Chi accoglie voi accoglie me, chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli non perderà la sua ricompensa’”.

Recentemente con l’enciclica Fratelli tutti, Francesco non scrive esplicitamente del volontariato ma in tutto il documento, e in particolare nel capitolo dedicato alla parabola del Samaritano, si trova chiaramente il concetto fondamentale del volontariato che è la scelta del farsi prossimi, del sentirsi sorelle e fratelli tutti, oltre i muri e le differenze, senza secondi fini.Ma il Papa va oltre il convenzionale messaggio del volontariato per la solidarietà, e scrive della volontà politica della fraternità.

“La fraternità non è solo il risultato di condizioni di rispetto per le libertà individuali, e nemmeno di una certa regolata equità. Benché queste siano condizioni di possibilità, non bastano perché essa ne derivi come risultato necessario. La fraternità ha qualcosa di positivo da offrire alla libertà e all’uguaglianza. Che cosa accade senza la fraternità consapevolmente coltivata, senza una volontà politica di fraternità, tradotta in un’educazione alla fraternità, al dialogo, alla scoperta della reciprocità e del mutuo arricchimento come valori? Succede che la libertà si restringe, risultando così piuttosto una condizione di solitudine, di pura autonomia per appartenere a qualcuno o a qualcosa, o solo per possedere e godere. Questo non esaurisce affatto la ricchezza della libertà, che è orientata soprattutto all’amore” (par. 103 FT)

Il volontariato è fraternità. Senza di essa la libertà e l’equità risultano principi senza cuore, senza relazione umana, condivisione viva e calda. Il volontariato fa un salto di qualità se diventa consapevole della sua portata politica, dell’amore politico per la dignità umana. In un altro paragrafo dell’enciclica, Francesco segnala “… l’urgenza di trovare una soluzione per tutto quello che attenta contro i diritti umani fondamentali. I politici sono chiamati a prendersi «cura della fragilità, della fragilità dei popoli e delle persone. Prendersi cura della fragilità dice forza e tenerezza, dice lotta e fecondità in mezzo a un modello funzionalista e privatista che conduce inesorabilmente alla “cultura dello scarto”. […] Significa farsi carico del presente nella sua situazione più marginale e angosciante ed essere capaci di ungerlo di dignità». Così certamente si dà vita a un’attività intensa, perché «tutto dev’essere fatto per tutelare la condizione e la dignità della persona umana».(par. 186 FT)

Il politico è un realizzatore, è un costruttore con grandi obiettivi, con sguardo ampio, realistico e pragmatico, anche al di là del proprio Paese. Le maggiori preoccupazioni di un politico non dovrebbero essere quelle causate da una caduta nelle inchieste, bensì dal non trovare un’effettiva soluzione al «fenomeno dell’esclusione sociale ed economica, con le sue tristi conseguenze di tratta degli esseri umani, commercio di organi e tessuti umani, sfruttamento sessuale di bambini e bambine, lavoro schiavizzato, compresa la prostituzione, traffico di droghe e di armi, terrorismo e crimine internazionale organizzato. (…) Dobbiamo aver cura che le nostre istituzioni siano realmente efficaci nella lotta contro tutti questi flagelli».” (par. 188 FT.)

Per questo molti volontari sono artigiani della pace che con tenacia nutrono percorsi di incontro, difesa e ricostruzione delle comunità, anche con un impegno di testimonianza e politico per i diritti umani. I volontari che hanno vissuto un’esperienza di servizio civile all’estero o nei Corpi Civili di Pace infatti continuano a rimanere legati al contesto culturale dove hanno speso il loro anno di servizio e spesso il loro impegno prosegue spesso anche dopo. E’ il caso di Michela, che ha fatto Servizio Civile in Ecuador nel settore della migrazione e del rifugio ed ha deciso di tornare nel paese dopo il suo servizio, accanto ai profughi colombiani e venezuelani per continuare a difendere coloro che vedono spesso i propri diritti fondamentali calpestati. E’ il caso di Marta, che con i colleghi dei Corpi Civili di Pace FOCSIV che con lei sono stati in Perù continua a seguire gli avvenimenti politici che stanno interessando il paese e si impegna ad informare e denunciare le violazioni dei diritto umani in loco, con quello stile che ha ormai fatto suo, di una comunicazione nonviolenta che fa da “antenna” alle voci delle popolazioni che soffrono e che lottano. Il volontariato è dunque un amore politico senza confini. Questo è uno dei principali messaggi che ha caratterizzato il 27° Premio al volontariato internazionale Focsiv, che si è tenuto sabato scorso nel quadro delle iniziative di Padova capitale europea del volontariato. Un evento che ha visto giovani e meno giovani protagonisti di un mondo che si fonda sui diritti umani. Testimoni e artigiani di pace.

 

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