Che cosa stiamo attendendo?

Attendiamo l’ultima catastrofe; attendiamo il penultimo degli ultimatum sull’uso dell’arma atomica; un bollettino serale per capire quanto ancora la pandemia ferisce e uccide; la bolletta a fine mese per capire quanto saremo stati capaci di risparmiare e quanto ci rimarrà per i nostri cari. Attendiamo risposte dalla politica, dalla società civile e dalla Chiesa.

Ma il tempo che viviamo, segnato da crisi continue, ci sottrae la possibilità di guardare a ciò che sta per avvenire?

Siamo attraversati da un sentimento di repulsione e di angoscia rispetto a ciò che accade nel mondo: i focolai di guerra si moltiplicano e la pace diviene un progetto di vita che sembra impossibile per l’uomo di questa Terra.

Possiamo fare nostre le parole pronunciate dal protagonista de «Il Signore degli Anelli», Frodo Baggins, che in un punto delicato della sua missione esclama: «Avrei tanto desiderato che tutto ciò non fosse accaduto ai miei giorni!». Si tratta di una preghiera semplice: allontana, Signore, da noi questi momenti foschi, preserva la nostra tranquillità, lasciaci vivere in pace.

Nel romanzo di Tolkien, a Frodo risponde l’amico e consigliere Gandalf: «Anch’io lo avrei desiderato, come d’altronde tutti coloro che vivono questi avvenimenti. Ma non tocca a noi scegliere. Tutto ciò che possiamo decidere è come disporre del tempo che ci è dato».

Vivere il tempo che ci è dato è il nostro Avvento. Un Avvento che ci mette in difficoltà perché siamo abituati a viverlo in “clima natalizio”, sorridenti e felici. La speranza di una felicità “alla portata” non riesce a trasformare le nostre inquietudini (che si fanno sempre più concrete) e ad allietare i nostri bisogni quotidiani (che, più che in altre stagioni, ci preoccupano).

È un Avvento che ci mette in difficoltà e che richiede di ripensare la radice della nostra speranza e il progetto di Dio per la nostra beatitudine. Sì, perché in questo tempo dovremmo tentare – più che di essere felici – di incamminarci verso la beatitudine che Gesù, salito sul monte, ci ha indicato (Mt 5,1-12).

Beati gli operatori di pace! A questo siamo chiamati prima di tutto. Non a stare in pace e in tranquillità, ma a operare la pace concretamente. In questo tempo di attesa possiamo rinnovare la nostra vigilanza per cercare in profondità questa adesione al Signore: Gesù abita già il nostro cuore. Proprio in un momento di grande preoccupazione e oscurità, serve attingere da questa fonte, per prepararci a operare nel tempo che siamo chiamati a vivere.

La determinazione nel compiere il bene possibile – la speranza – ha bisogno di questo tempo di attesa; abbiamo ancora una volta bisogno di vedere che Gesù abita in noi perché anche noi possiamo tornare a essere suoi profeti di pace.

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