Quanta acqua è passata sotto i ponti da quel lontano 8 Marzo 2020, inizio della Fase 1 dell’emergenza sanitaria da Covid? Tanta sicuramente, ma si tratta pur sempre solo di 5 mesi fa. Dopo il primo sgomento, molti giurarono “Andrà tutto bene” e familiarizzarono con il vicino di balcone che non conoscevano. Tra i lutti ed una crescente emozione collettiva, crebbe la stima per professionalità utili, i medici, gli infermieri, le forze dell’ordine. Addirittura i riders che consegnavano i nostri acquisti a casa furono considerati degli eroi. Addirittura gli insegnanti furono rivalutati e allora la forbice delle disuguaglianze da questa prospettiva sembrò chiudersi, appena un po’.
Molti si sono accorti di vivere in luoghi bellissimi che conoscevano e apprezzavano poco, altri hanno sperimentato quanto brutto sia vivere senza vedere per mesi un albero o un prato, cosa significa essere soli per davvero senza le folle dei centri commerciali, quanto spaventoso sia non avere soldi sufficienti per vivere anche se si ha un grazioso appartamento e un’ottima cultura. Il turismo, il manifatturiero hanno subito contraccolpi feroci, molte piccole e piccolissime imprese non hanno superato la prova della Fase 2. Non sono storie da telegiornale, ma sono tragiche realtà intessute nelle maglie delle nostre vite. E allora da questo punto di vista la forbice delle disuguaglianze sembra aprirsi e non chiudersi.

Un ultimo punto di vista, molto più globale rispetto a quello offerto dalle nostre vite “basse”, è possibile guadagnarlo leggendo le stime del report Americans for Tax Fairness e il Program for Inequality, riportate da tutti i maggiori quotidiani, per le quali i miliardari americani hanno visto aumentare la loro ricchezza di ben 434 miliardi di dollari durante il lockdown, tra marzo e maggio 2020.
Il patron di Amazon Jeff Bezos e l’amministratore delegato di Facebook Mark Zuckerberg sono coloro che più hanno visto incrementare la loro fortuna dall’inizio della pandemia: il primo ha guadagnato 34,6 miliardi di dollari, il secondo 25 miliardi. Per comprendere la proporzione, basti pensare che in Italia la cassa integrazione per migliaia e migliaia di famiglie è stimata in 22 miliardi di euro, pari a circa 26 miliardi in dollari, valore che verrà ripagato con tasse delle generazioni presenti e future.

La proporzione impressiona.

Il discorso è veramente complesso e qui è stato evidenziato solo un paradosso, che fa emergere il dubbio più terreno: ma la ricchezza di Amazon si traduce in maggiore benessere per il rider, che vive vicino casa? Con le tasse di Amazon possiamo ripagare un po’ di sanità ed educazione?

Sorgono altri quesiti se si riflette sul dibattito europeo per il Recovery Fund, uno sforzo economico epico non accompagnato ancora da una strategia chiara: come essere certi di incentivare un’economia che produce maggiore benessere, rispetto per la salute dei cittadini e per il nostro patrimonio naturale?  Come evitare di sostenere l’economia sbagliata che produce solo PIL e ricchezza per pochi, mortificazione della natura e dell’uomo?
Ma se da questo volo radente sull’alta economia, molti di noi tornano senza risposte, forse potrebbe essere sbagliata la domanda. Pur non essendo economisti, non dovrebbe essere impossibile comprendere quali benefici e quale benessere tangibile è possibile ricavare da tutto questo sforzo del Recovery fund nelle nostre comunità. E’ un diritto sacrosanto trovare risposte.

La Coalizione Clima, composta da oltre 200 realtà tra organizzazioni del Terzo settore, sindacati, imprese, scuole e università, nonché da migliaia di cittadine e cittadini suggerisce che, per uscire davvero dalle emergenze, occorre un nuovo modello di sviluppo, occorre che gli “investimenti siano orientati ad accelerare la transizione ecologica e digitale ed a costruire una società più equa e resiliente”. 


L’emergenza, nella quale siamo immersi, fa già intravedere dei cambiamenti necessari – in alcuni casi già accennati – nei modi di produrre, di lavorare, di consumare, di muoversi. Per questo, oltre al ruolo fondamentale dei decisori politici, delle Istituzioni pubbliche, delle aziende pubbliche e private, serve assicurare una vera partecipazione democratica.”
È solo un cambio di prospettiva, un cambio che rimette al centro le nostre vite al posto dell’economia intesa come entità magica. Allora si potrebbe pensare ad un piano:

•         per recuperare e riqualificare le aree inquinate e inutilizzate disseminate nel Paese,
•         per rigenerare le periferie, legando assieme obiettivi ambientali sociali e occupazionali,
•         per mettere in sicurezza il territorio e fronteggiare il rischio idrogeologico e sismico che caratterizzano gran parte del nostro Paese.

Si tratta di interventi che ognuno di noi potrebbe vedere, ricavarne benefici tangibili, diretti perché producono occupazione utile e salute, indiretti perché partecipano a costruire luoghi migliori e socialmente più vivibili.
Ma questo necessita di maggiore partecipazione democratica, per individuare le reali priorità per le comunità. Così quando qualcuno si occupa della spesa per le famiglie in difficoltà, qualcun altro collabora con la scuola dei figli, partecipa ai comitati di quartiere o ai consigli di zona, si offre di collaborare con le associazioni di volontariato, i gruppi della parrocchia, è a tutti gli effetti un cittadino attivo che si occupa del bene comune e fa economia, non è solo un volontario.

Se vi occupate di risolvere il problema di una strada che si allaga tre volte l’anno, oppure dei rifiuti e delle buste di plastica che produce il movimento del mercato rionale, oppure pulite sistematicamente un parco per far giocare i bambini vi state occupando a modo vostro dei cambiamenti climatici e del consumo di suolo, della pandemia della plastica e per voi il Green New Deal è già una certezza. Se vi occupate di tenere i figli di amici che lavorano, con le scuole chiuse e i centri estivi economicamente inaccessibili, avete un ruolo importante nell’economia e il vostro impegno non dovrebbe essere trasparente. Se usate i social per risolvere il problema su come ottenere i buoni spesa o rimandare il pagamento delle bollette a chi è in difficoltà, per collaborare con amici e vicini, state costruendo una rete solidale molto forte, utile proprio ad aumentare la resilienza dei tuoi territori.
Questo è il metodo migliore per chiedere alla politica impegni precisi e non generici, per costruire piani adatti alle nostre vite.  Insomma se ti occupi della tua comunità, significa che ti occupi di economia e di politica, quella vera, non divisa ma creativa.

Settembre sarà il mese migliore per cominciare a contare.