Da anni si dice che nel nostro Paese l’ascensore sociale è fermo. In realtà sta scendendo vorticosamente al “meno uno”. Infatti, la forbice della disuguaglianza cresce, non solo territorialmente, ma anche fra le singole persone: oggi circa 1 italiano su 10 non ce la fa. Non sempre sono evidenti i motivi che portano alla povertà, poiché le cause che sopraggiungono in modo più o meno improvviso, sono plurime e possono essere sia oggettive (sfratto, aumento bollette, perdita del lavoro, divorzio), sia soggettive (traumi, mancanza di speranza e progettualità, sfiducia). Inoltre, il periodo di acuta crisi che stiamo vivendo da 15 anni a questa parte, attraversando nell’ordine un crash finanziario, una pandemia e una guerra alle porte dell’Europa di portata globale, ha reso la vita di ognuno di noi sempre più precaria, aumentando il grave fenomeno del sovraindebitamento. Le istanze di accesso alle procedure per uscirne  previste dalla cosiddetta legge salva-suicidi L. 3/2012 è in costante aumento; infatti, nel 2021 si è registrato un vero e proprio boom: +64% a Milano, +350% a Roma. Questi numeri creano una strettoia pericolosa che rischia di alimentare il fenomeno dell’usura.  Secondo Libera esistono ben 60 associazioni criminali che gestiscono con metodo mafioso attività finalizzate all’usura. Fra il 2019 e il 2020 i sequestri da usura, pari a quasi 30 milioni di euro, sono aumentati di circa il 350%.

Povertà, sovraindebitamento, usura: un mix esplosivo che chiede di rivedere con urgenza e innovatività politiche e policies, onde evitare, da una parte il dilagare dell’aporofobia che si sta pericolosamente diffondendo nei luoghi di governo e nella popolazione, da un’altra il malessere delle persone che genera un clima di sfiducia, paura e depressione nel Paese.

Secondo l’ultimo rapporto della Commissione Europea, in 9 paesi su 28 il debt advice è funzionante, in 4 paesi lo è solo parzialmente, mentre l’Italia fa parte di quel gruppo di nazioni in cui molto resta da fare. Con alcuni progetti sperimentali si è tentato di sviluppare una buona pratica per arginare il fenomeno. Ora è però importante che l’impegno profuso e gli ottimi risultati ottenuti da queste esperienze trasformino la buona pratica in un’azione istituzionale, con finanziamenti adeguati e politiche concrete.

Da queste, infatti, è emerso con forza il ruolo centrale che le organizzazioni della società civile – e non solo quelle che si occupano di consumo – possono assumere nel debt advice, sia dal punto di vista culturale, sia politico, sia di progettualità sociale.

Dal punto di vista culturale è importante diffondere l’idea che l’essere poveri e/o indebitati non è una colpa, anzi: la povertà non è mai “cercata” e non sempre il sovraindebitamento è il risultato di una gestione troppo “allegra” del proprio patrimonio.

Dal punto di vista politico il mondo no profit può contribuire a creare un modello di debt advice specifico per l’Italia, che vede quali elementi imprescindibili: l’indipendenza fra creditori e associazioni rappresentative dei debitori, la diffusione di help line digitali, la gratuità dell’assistenza, la diffusione di campagne progresso, l’approccio integrato, la dimensione collaborativa con le reti territoriali, la formazione continua degli operatori del settore.

Dal punto di vista della progettualità sociale, la maggior parte delle associazioni del mondo no profit sono importanti per intercettare le persone economicamente fragili, sia prima che la situazione sfugga loro di mano, sia quando si trovano già nel baratro, offrendo un’ampia gamma di servizi di supporto per la prevenzione, la risoluzione e la ripartenza da situazioni di sofferenza debitoria. Ciò in virtù del fatto che lavorano anche indirettamente sul tema del sovraindebitamento, sulle sue trappole (usura) e insidie (gioco d’azzardo e altre dipendenze).

Diversi enti di Terzo settore, attraverso la co-programmazione e co-progettazione con gli enti locali e di formazione, le banche e altre organizzazioni, già realizzano percorsi di sensibilizzazione volti ad orientare responsabilmente le scelte di accesso al credito delle persone nell’ambito di un’educazione più ampia a stili di vita sostenibili che avversino il consumismo senza freni.

Attraverso un’azione di rete qualificata gli Enti di Terzo Settore potrebbero offrire un servizio strutturato capace di incrociare molti soggetti sovra-indebitati per informarli, formarli e accompagnarli nelle procedure di risoluzione, incrociando competenze sociali, psicologiche e giuridiche. Ma soprattutto, una volta conclusa l’esdebitazione, la stessa rete potrebbe essere in grado di costruire per e con l’ex debitore un percorso volto ad uscire dall’emarginazione, ricucendo gli eventuali strappi con sé stesso, con i familiari e con la società per ri-entrare a pieno titolo nella comunità. Infine, molte associazioni no profit, mettendo al centro l’esistenza e il vissuto di queste persone, creando reti solidali formali e informali, concorrono a sviluppare per loro nuove opportunità, considerandole come parte attiva della loro ripresa e del loro empowerment, aiutandole a ripartire e a uscire da un circuito di marginalità e di solitudine.

Foto di Towfiqu barbhuiya su Unsplash

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