30 ANNI DI TERRA YANOMAMI: CONQUISTA E SOFFERENZA

Da Boa Vista (Roraima, Brasile)
Corrado Dalmonego
Missionario della Consolata – Cimi Norte 1

Il 30° anniversario della ratifica (25 maggio 1992) della Terra Indígena Yanomami (TIY) è stato contrassegnato da un evento celebrativo e politico a Xihopi, una comunità della TIY, nello stato di Amazonas, sulla sponda del fiume Demini. Per l’occasione si sono ritrovati più di 500 partecipanti tra Yanomami provenienti da molte regioni e altri ospiti non Yanomami (di altri popoli indigeni o non indigeni-napë), tra cui difensori della causa indigena, politici, rappresentanti di organizzazioni, missionari cattolici e amici.

La violenza di una società anti indigena

Durante l’evento, i ritmi della festa reahu si sono alternati con dialoghi cerimoniali, danze, canti e sciamanesimo, con elementi della politica indigena convenzionale (il paziente esercizio della parola da parte dei leader in discorsi notturni necessari per la costruzione del consenso) e con incontri e dibattiti, modalità appartenenti alle dinamiche politiche che gli Yanomami «hanno preso in prestito» dalla società circostante.

«Prendere in prestito» è il termine usato in diverse occasioni da Daví Kopenawa e Dario Vitório Kopenawa, presidente e vicepresidente della Hutukara Associação Yanomami (HAY), la principale organizzazione degli Yanomami.  Con tale termine i due leader sono soliti riferirsi alla lingua portoghese, alle forme organizzative di un’associazione e ad altri elementi della società non Yanomami, assimilati e adottati come strumenti di lotta e di difesa dei diritti minacciati. Sono, in altre parole, le «frecce» per affrontare la violenza di una società anti-indigena. L’evento che si è svolto a Xihopi non è stato, infatti, solo una festa, come ha sottolineato Davi Kopenawa.

Tra festa e angoscia

Molti partecipanti delle comunità yanomami hanno raccontato di aggressioni e violenze subite a causa dell’attività mineraria (garimpagem) illegale e delle organizzazioni criminali ad essa associate. Tali segnalazioni sono state il triste aggiornamento di quanto già denunciato in più occasioni da Hutukara e pubblicato, nell’aprile 2022, nel rapporto «Yanomami sob ataque». Questo rapporto ha portato alla luce i racconti dell’angoscia e della paura con cui le donne e gli uomini Yanomami devono convivere nella loro terra devastata e invasa dai garimpeiros.

In queste narrazioni, qualsiasi ascoltatore può riconoscere la denuncia di crimini di ogni tipo: invasione di terra indigena, crimini ambientali, violenza contro il patrimonio dell’Unione, violenza contro la persona, attività illecite. Gli Yanomami sottolineano la violenza fisica e l’impatto sulla loro società e sulla loro salute: omicidi, stupri, adescamento attraverso la distribuzione di bevande alcoliche, armi e droghe, perdita di autonomia alimentare, mancanza di assistenza sanitaria. Tutti questi elementi evidenziano un vero e proprio genocidio che continua ad essere perpetrato dopo 30 anni di ratifica della TIY e più di 34 anni di validità della Costituzione federale (1988) in cui si riconoscono i diritti originari dei popoli indigeni ai loro territori, usi e costumi.

La memoria alimenta la lotta

I discorsi dei leader yanomami e gli interventi degli ospiti dell’evento (indigeni di altri popoli, politici, indigenisti e rappresentanti di organizzazioni) non si sono limitati a riportare una situazione molto grave, ma hanno suggerito vie di resistenza attiva. In una situazione per certi versi simile, 30 anni fa, la volontà politica e l’impegno concreto portarono alla demarcazione e all’allontanamento degli invasori dalla più grande Terra indigena del Brasile. La Terra Indigena Yanomami è stata riconosciuta nel 1992, significativamente nell´anno della realizzazione, a Rio de Janeiro, della Conferenza delle Nazioni Unite sull´Ambiente e lo Sviluppo, sotto gli occhi del mondo intero, che cominciava a preoccuparsi per la crisi ecologica e il dramma dei popoli indigeni.

Dai discorsi ascoltati nella maloca di Xihopi è risultato evidente che – contro chi afferma l’inevitabilità di «legalizzare l’attività mineraria» per «regolamentare le attività illecite» – esistono possibilità ed esempi concreti di strategie efficaci per adempiere al dovere e alla responsabilità dell’Unione a tutela dei diritti e della vita delle popolazioni indigene. Per contrastare il complesso fenomeno dell’estrazione illegale è necessaria la volontà politica e l’adozione di strategie che lo affrontino nei suoi legami con i gruppi economico-finanziari, le organizzazioni criminali e le strutture di supporto logistico.

Senza perdere la speranza

I momenti di festa e di dibattito, scanditi dalla vitalità dei corpi dipinti e dall’armonia dei palpitanti cuori sensibili, sono stati momenti per ricaricare le energie e crescere nella forza necessaria per affrontare insieme lotte, sfide e minacce. Come ricorda Davi Kopenawa, la forza viene dagli xapiripë (gli spiriti), dalla terra, dall’unione del popolo, da una popolazione giovane. La forza viene dal confidare nella necessità di combattere, senza perdere la speranza, ma coltivando i germogli di vita manifestati anche da un incontro come quello realizzato.

Durante il forum, alla presenza del leader Kayapó Megaron, di leader Mundurukú e di altri popoli della Terra Indigena Xingú, si sono consolidati i legami dell’«Alleanza in difesa dei territori», fondata nel 2021. Si tratta di un collettivo fondato dai leader dei popoli Yanomami, Ye´kwana, Mundurukú e Kayapó che, in Brasile, abitano le terre più colpite dall’estrazione illegale e che combattono contro queste attività.

A Xihopi, la presenza e l’impegno manifestato da politici (come la deputata federale Joenia Wapichana e la senatrice Eliziane Gama), da rappresentanti di organizzazioni internazionali (come Jan Jarab, osservatore per l’America Latina dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani) e da membri di diverse organizzazioni di sostegno alla causa indigena hanno reso manifesta la solidarietà per la lotta dei popoli indigeni.

Sydney Possuelo, ex presidente del Funai e responsabile delle operazioni di demarcazione della TIY nel 1992, ha indicato che la volontà politica e l’attuazione di strategie adeguate possono capovolgere la situazione dell’invasione del territorio yanomami. Oggi, come ha sottolineato in varie occasioni anche il ministro Luis Roberto Barroso, presidente del Supremo tribunal federal (Stf), ci sono molti modi per controllare e combattere le attività illegali e criminali dei garimpeiros: controllo del traffico aereo e del carburante utilizzato per rifornire gli aeromobili, monitoraggio dei sistemi di comunicazione e di fornitura di input e macchinari, accesso controllato alle strade verso la terra indigena.

La foresta malata e il futuro di tutti

Il discorso di Davi Kopenawa è stato piuttosto duro. Non si è abbandonato al falso ottimismo. C’è stata una chiara consapevolezza del legame tra la tragedia locale degli Yanomami e gli impatti globali della crisi ambientale e climatica. Triste armonia tra il grido dell’urihi, la foresta-terra yanomami, nella sua dimensione fisica, biologica, sociale e spirituale, e quello dell’«urihi a pata», il cosmo nella sua dimensione globale. In una visione che integra “nella natura” tutti gli esseri che la abitano.

Davi Kopenawa ha ribadito che l’insostenibilità del modello di sviluppo prevalente minaccia di uccidere ogni essere: foresta, acqua, animali, pesci, esseri umani e non umani, Yanomami e non Yanomami. Il leader indigeno ha affermato: «“Urihi a rãkae”, la foresta è malata… la foresta è nostra madre, e come lei, anche noi non viviamo in salute!».

Siamo tutti invitati ad ascoltare la narrazione dei popoli indigeni e la voce dell´urihi: la voce della foresta dove Omama (il demiurgo-creatore degli Yanomami) collocò gli Yanomami, perché da lei “fossero accuditi e custoditi” e perché “di lei si prendessero cura”. Attraverso questo ascolto passa il cammino verso l’unico futuro possibile: coltivando la saggezza e la conoscenza della foresta, ascoltando il suo cuore pulsante.

 

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L’INVASIONE DELLA TERRA INDIGENA YANOMAMI. Il pezzo dell’oro, il garimpo  e il futuro delle popolazioni dell’Amazzonia

a cura di p. Corrado Dalmonego
Missionario della Consolata – Consiglio per i popoli Indigeni Cimi Norte 1

 

Nel mese di maggio 2022 la commissione interamericana dei Diritti Umani (CIDH) ha sollecitato alla Corte Interamericana dei Diritti Umani (Corte IDH) un intervento di misure provvisorie per proteggere i diritti alla vita del popolo Yanomami a causa della “situazione di estrema gravità e urgenza di danni irreparabili ai loro diritti in Brasile”. Nella relazione, la Commissione riconosce che le misure implementate dal Governo Federale “sono insufficienti”.

Attività mineraria illegale nell’Amazzonia: un progetto coloniale

L’attività mineraria illegale realizzata nel bacino amazzonico è legata a processi globali e transnazionali. Come ultima frontiera di colonizzazione interna, la regione Amazzonica brasiliana è articolata nel sistema economico mondiale dall’implementazione di progetti estrattivi agro minerari che insistono in una strategia geopolitica già attuata dai governi militari. Tale strategia afferma la ‘difesa della sovranità territoriale’ della Nazione, ma ignora le popolazioni che abitano e proteggono territori che fanno gola come ‘riserve territoriali’ e foreste equatoriali ricche di risorse che devono essere sfruttati per lo sviluppo.

Le diverse attività economiche illecite che manifestano dinamiche espansioniste con l’invasione di terre indigene, terre di comunità ‘chilombole’ (comunità di ex schiavi afroamericani NDR) e tradizionali e unità di conservazione, attività mineraria inclusa, sono alimentate da e alimentano reti di crimine organizzato transnazionale implicate nel traffico di droga, armi e persone, così come in crimini di natura finanziaria, incluso il lavaggio di denaro.

Il boom dello sfruttamento minerario in America latina (iniziato negli anni ’90) è il risultato di un processo di dominazione e accumulazione coloniale che portarono a trasformazioni strutturali nell’ultima parte del secolo XX. Il processo di occupazione e invasione dei territori per lo sfruttamento minerale ha subito un’accelerazione con l’ondata di ‘ritorno allo sviluppo’ che caratterizza il sec. XXI in Brasile, seguito dall’emergenza de ‘neoestrattivismo’ e da una reinvenzione del garimpo. In Amazzonia, il ‘modello estrattivista agro minerario’ mostra tutta la brutalità di una situazione coloniale diretta all’esportazione verso altri continenti.

Un crimine forzato: strategie di sfruttamento di territori indigeni

Oltre al prezzo dell’oro e a dinamiche economiche e finanziarie, altri fattori hanno contribuito a istigare, in Brasile, la nuova corsa all’oro che investe pure il territorio Yanomami – la più grande terra indigena nel Brasile, circa nove milioni di ettari, sui quali vivono approssimativamente 27mila persone, distribuite in 300 comunità, e si concretizza in attività illegali, crimini ambientali e umanitari. Esistono grandi interessi di settori politici ed economici sulle terre indigene, con una strategia per presentare il garimpo in queste terre come un fatto compiuto e una retorica per incentivare lo sfruttamento minerario. In questa strategia, si notano la disattivazione delle Basi di protezione Etnoambientale (BAPE) del Fronte di Protezione Etnoambientale (FPE), il ridursi dei controlli da parte degli organi competenti per proteggere le terre indigene e perseguire azioni criminali, le manovre tendenti a legittimare attività illegali e non sostenibili con la giustificativa di regolamentare attività attualmente clandestine, criminali e che non producono cespite fiscale.

Dal 2010 al 2020, la zona di garimpo (nonostante le differenze, si usa il termine ‘garimpo’ come sinonimo di sfruttamento minerario) all’interno di terre indigene, in Brasile, è cresciuto del 495%. Uno studio del 2021 ha identificato 2.576 punti di attività mineraria illegale nell’Amazzonia brasiliana, la maggior parte dei quali per la produzione di oro, con impatti diretti nella deforestazione e danni irreversibili tanto per il bioma dell’Amazzonia quanto per il clima. Già nel periodo 2018-2019, il degrado ambientale causato dall’attività mineraria era aumentato del 107% nei territori indigeni, ponendosi come seria minaccia alla vita delle popolazioni. Un’investigazione della polizia ha rivelato che oro estratto illegalmente dalle terre indigene è stato comprato da un’impresa italiana leader europea per il commercio di metalli preziosi, la Chimat Spa (notizia riportata in Italia dal Fatto Quotidiano, ndr). Nel primo semestre del 2019, dallo stato del Roraima (dove si localizza parte della Terra Indigena Yanomami) e dove non si registrano miniere autorizzate, è stato esportato oro verso l’India per 48,7 milioni di Reais (moneta del Brasile, circa 10 milioni di Euro).

Amazzonia e Terra Indigena Yanomami: devastazione e crimini

Questo contesto ha portato, negli ultimi cinque anni, a un aumento di 20 volte dell’attività mineraria illegale lungo i fiumi della terra Indigena Yanomami dove questa nuova corsa all’oro si traduce in un aumento vertiginoso di draghe, zattere e luoghi di estrazione illegale. Si calcola l’invasione di circa 20 mila persone impegnate in centinaia di garimpo riforniti da una struttura logistica multimodale, che fa uso di macchinari pesanti e cari, evidenziando consistenti guadagni e finanziamenti da parte di figure che agiscono nell’illegalità e che differenzia l’attuale sfruttamento dalle tecniche semi meccanizzate impiegate nei garimpo degli anni ottanta e novanta. Questa veloce espansione coincide con l’insediamento di vere e proprie città di baracche dove si sistemano migliaia di garimpeiros, la distribuzione di strutture di appoggio che esigono grandi investimenti, un’attività mineraria pesante e gestita come impresa, che supporta una catena produttiva complessa che esige macchinari, investimenti e logistica organizzata per via fluviale, aerea e terrestre. I dati presenti nelle relazioni pubblicate dalle organizzazioni indigene mostrano il continuo aggravarsi della situazione. Dal 2016 al 2020 il garimpo nella Terra Yanomami è cresciuto del 3.350%.

Il cambiamento occorso nell’attività di sfruttamento e nell’espansione dell’attività mineraria (una crescita stimata nel 3.350% in quattro anni e un aumento esponenziale dal secondo semestre 2020), la distruzione ambientale, i rischi per gli ecosistemi e gli impatti sulle popolazioni di tali attività sono documentati da studi tecnici, scientifici e giornalistici. La relazione “Yanomami sotto attacco” rivela la crescita di 46% di aree distrutte nel 2021, con un incremento annuale di 1.038 ettari, toccando un totale accumulato di 3.272 ettari. In questa recente corsa all’oro si nota l’aumento della violenza per l’associarsi del garimpo a gruppi criminali organizzati.

Impatti socio ambientali

L’azione del garimpo in Amazzonia comporta trasformazioni del paesaggio, devastazione degli ecosistemi e una lunga serie di impatti sulla popolazione. Tra il 2017 e il 2019 1.174 ettari di foresta sono andati perduti a causa della ricerca dell’oro. Nel primo semestre del 2021 la devastazione visibile corrispondeva a 200 ettari (10% di tutta la devastazione accumulata in dieci anni) ma nell’anno 2021 ha toccato i 1.000 ettari. Danni ambientali, come la deforestazione, la perdita di acqua e la contaminazione dei fiumi, si sommano a impatti sociali a livello regionale e particolarmente sulla popolazione indigena che soffre le conseguenze economiche, sociali e sanitarie dell’invasione del proprio territorio da parte di migliaia di estranei impegnati in attività illegali, dannose e criminali.

Oltre agli impatti ambientali delle attività illegali di estrazione mineraria, i diversi e complessi impatti sociali sulle comunità indigene (tra i quali il disservizio sanitario, i conflitti interni, le violenze sessuali) sono frequentemente lasciati in secondo piano – in relatori tecnici e notizie giornalistiche, rispetto agli impatti ambientali ed economici dell’attività estrattiva illegale, quantunque siano stati oggetto di interventi da parte del Ministero Pubblico Federale e del Supremo Tribunale Federale. L’attuale invasione del territorio Yanomami coincide con una grave crisi dell’assistenza sanitaria, con il peggioramento degli indici di salute della popolazione e con una incidenza della malaria che ricorda i più drammatici periodi vissuti dagli Yanomami e ha propiziato interventi del Ministero Pubblico Federale e del Supremo Tribunale federale, nel novembre 2021. Studi hanno scoperto che in alcuni villaggi Yanomami, 92% degli abitanti soffrono di avvelenamento da mercurio.

 

La prospettiva degli Yanomami: “Con la foresta, anche noi moriremo”

Nelle parole degli Yanomami – che sono state pure divulgate nella relazione presentata nell’aprile 2022, emerge una potenzialità distruttiva del garimpo che va oltre la violenza e i conflitti armati di cui sporadicamente si dà notizia in modo sensazionalista da parte dei media. I media hanno notiziato la morte di due adulti per arma da fuoco, nella regione di Parima, nel giugno 2020, la morte di due bambini e le aggressioni armate alle comunità della regione di Palimiu, avvenute nel mese di maggio 2021, la morte di un giovane investito da una aeronave di garimpeiros illegali sulla pista di atterraggio di Homoxi, o la morte di due bambini provocata  da draghe in azione sul fiume Parima, nell’ottobre 2021. Queste notizie sono circolate sui media, ma hanno ricevuto un’attenzione passeggera, come è abituale in una società assuefatta alla violenza, che proietta lontano da sé le responsabilità ed è solita fare un uso consumistico delle informazioni per scartarle in breve tempo.

La notizia circolata a fine aprile 2022 di un possibile caso di stupro di una minorenne seguito da morte, avvenuto in una comunità Sanöma (sottogruppo del popolo Yanomami), ha risvegliato l’attenzione dei media nazionali e internazionali. Il sopralluogo effettuato da parlamentari, realizzato in Boa Vista (capitale dello stato di Roraima) a metà maggio 2022, ha permesso di descrivere il contesto nel quale un fatto di tale gravità ha potuto accadere. Purtroppo, molti altri fatti simili accaduti in precedenza sono finiti nel dimenticatoio.

Osservando la situazione di metà delle comunità distribuite nella Terra Indigena Yanomami (TIY) ed ascoltando le narrazioni di Yanomami (donne e uomini) che vedono la propria vita trasformata dall’invasione dei garimpeiros, emergono casi di violenza più numerosi di quelli raccontati dai media o oggetto di investigazione da parte della polizia. Le morti, i conflitti provocati dal garimpo, l’adescamento, lo sfruttamento sessuale, la perdita di indipendenza alimentare e della sostenibilità economica, intaccano le comunità indigene. La vita quotidiana è segnata da minacce a paura costante. La foresta e le stagioni che passano nascondono molte tragedie. Le nozioni di tempo e di spazio sono relative e molte volte, nell’indagare un ‘supposto crimine’, non si ricevono le risposte sperate a domande mal poste. Soltanto l’ascolto paziente, insieme a condizioni di sicurezza e di fiducia, permettono l’emergere di informazioni.

 

Urgenza di intervento

Davanti a questa drammatica situazione regionale, strettamente intrecciata però a vincoli economici e geopolitici globali, sono stati fatti dei tentativi, presso le autorità Brasiliane, affinché l’Unione adempisse al suo dovere costituzionale e combattesse le attività illegali e criminali che stanno colpendo il popolo Yanomami e altri popoli indigeni. La pressione internazionale (resa possibile anche dalla visibilità data dai media) e la mobilitazione di organismi internazionali, come l’Organizzazione degli Stati Americani (OEA) a cui ha dato motivo la situazione che sta soffrendo il popolo Yanomami, sembrano lasciare uno spiraglio perché alcuni provvedimenti siano presi, in modo da interrompere un genocidio che dura da decenni ma che si è aggravato negli ultimi anni.

Per celebrare i trent’anni dall’omologazione della TIY, centinaia di rappresentanti di più di 25 comunità Yanomami e di diverse associazioni indigene, si sono riunite nella comunità di Xihopi, nei giorni dal 22 al 26 maggio 2022, partecipando al Forum dei leader Yanomami e Ye’kwana. L’evento ha fatto memoria di una conquista e di una lotta, ma ha posto l’attenzione sulla tragedia e sul lutto che coinvolgono il territorio indigeno. Numerose sono state le testimonianze di coraggio e gli appelli per evitare una catastrofe molte e molte volte annunciata. Le parole pronunciate da Davi Kopenawa sono risuonate come un drammatico grido di allerta.

Riferendoci appena ad una località specifica, possiamo concludere che, in quanto si sta appurando la sequenza di fatti criminali avvenuti contro la comunità Sanöma di Aracaça (regione di Waikás, fiume Uraricoera, Terra Indígena Yanomami, Roraima),il crimine di stupro e di assassinio che sono sotto investigazione da parte delle autorità competenti, ha finalmente fatto emergere un contesto di violenza e distruzione colpevolmente tollerato per troppo tempo.