“L’anno vecchio è finito ormai, ma qualcosa ancora qui non va”: scriveva Lucio Dalla al suo caro amico in un meraviglioso brano nel 1979.
Oltre 40 anni dopo possiamo dire che più di qualche cosa ancora non va.
Come un gigantesco effetto farfalla (può il batter d’ali di una farfalla in Brasile provocare un tornado in Texas?), un minuscolo organismo partito dalla lontana Cina ha messo in ginocchio il mondo e la sua economia, costringendo ognuno di noi a ripensare ogni aspetto della propria quotidianità, a ridurre le relazioni sociali e a distanziarsi fisicamente dagli altri, anche nei rapporti più intimi e amicali.
La pandemia da Covid 19 ha obbligato il mondo a fermarsi nel senso letterale del termine e a pensare non solo a come gestire l’emergenza sanitaria, ma anche, auspicabilmente, a riflettere sul proprio modello di sviluppo.
Un modello che ha depauperato le risorse del pianeta, che non è più in grado di sostenere le nostre esigenze di cibo e altri beni più o meno utili, e che anno dopo anno ha ampliato la forbice della disuguaglianza tra ricchi e poveri, non solo tra diversi paesi, ma anche all’interno dello stesso stato.
A sintetizzare bene l’ipocrisia e l’insostenibilità dell’agire dell’uomo è stato, come spesso accade, Papa Francesco in quella che forse rimarrà come l’immagine più evocativa del 2020.
Il 27 marzo, pregando per la fine della pandemia in una Piazza San Pietro deserta, Bergoglio è stato chiaro: “Non ci siamo fermati davanti ai tuoi richiami, non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri, e del nostro pianeta gravemente malato. Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato.”
Un concetto ribadito pochi mesi dopo in una lettera al presidente colombiano Ivan Duque Marquez, il 5 giugno in occasione della Giornata Mondiale dell’Ambiente dedicata al tema della biodiversità e virtualmente ospitata dalla Colombia.
A inizio 2021 siamo ancora nel pieno della pandemia, è partita la campagna vaccinale, ma la variante inglese del virus preoccupa per la sua virulenza.
Dal punto di vista economico e sociale probabilmente la crisi non si è, purtroppo, ancora manifestata in pieno, parzialmente ammortizzata dai provvedimenti presi dai diversi paesi.
Centinaia di migliaia di imprese sono già saltate insieme ai posti di lavoro che garantivano e tante altre sono al collasso.
Solo in Italia, secondo stime Confcommercio, il 2020 ha visto la chiusura definitiva di 390.000 imprese del commercio non alimentare e dei servizi a fronte di appena 85.000 nuove aperture. Un saldo negativo per oltre 300.000 imprese causato da una drastica riduzione dei consumi (-10,8%).
E per l’ambiente che 2020 è stato e che 2021 sarà?
L’emergenza sanitaria ha, comprensibilmente, catalizzato l’attenzione politica e mediatica e durante la prima ondata sul web hanno spopolato video che mostravano animali selvatici a spasso per le città di tutto il mondo, quasi la natura si stesse riprendendo gli spazi che le spettano, ma le questioni ambientali sono tutt’altro che risolte.
COP26
Il cambiamento climatico rimane la questione prioritaria.
Secondo una ricerca europea pubblicata sulla rivista Earth System Science Data, le emissioni globali di gas serra sono calate del 7% rispetto al 2019. Ma questo piccolo fenomeno non può considerarsi significativo, soprattutto se pensiamo che l’Europa si è praticamente fermata per oltre due mesi.
L’anno che si è appena chiuso ha fatto saltare la Conferenza internazionale sul clima – COP26.
Sarà recuperata a a Glasgow dal 1 al 12 novembre 2021, mentre la sessione preparatoria “Pre-COP26” e l’evento dedicato ai giovani “Youth4Climate: Driving Ambition si terranno a Milano dal 28 settembre al 2 ottobre.
Date importanti, in vista delle quali il Ministro dell’Ambiente Sergio Costa ha lanciato All4Climate-Italy2021 invitando aziende, professionisti, scuole, enti pubblici e privati, ma anche e soprattutto la società civile, a organizzare iniziative ed eventi green per fare del 2021 l’anno dell’ambizione climatica. Clicca qui per maggiori informazioni https://www.minambiente.it/sites/default/files/archivio/allegati/sviluppo_sostenibile/all4climate_italy_2021_manifestazione_interesse_it.pdf
Gli Stati Uniti e l’accordo di Parigi
Il 4 novembre, mentre si discuteva sull’esito delle elezioni presidenziali che avrebbero poi premiato il democratico Joe Biden, gli Stati Uniti uscivano definitivamente dagli accordi di Parigi sul Clima, ultimando la procedura avviata da Donald Trump nel giugno del 2017.
L’ambiente è stato uno dei campi su cui maggiormente è stata evidente la distanza tra i due candidati e diversi sondaggi hanno mostrato come l’ambiente e il cambiamento climatico siano temi prioritari per l’elettorato democratico.
Biden ha inoltre più volte chiarito di non aver ricevuto per la sua campagna elettorale finanziamenti dalle lobby del gas e del petrolio e che in caso di elezione si sarebbe impegnato a ridimensionare il ruolo nella politica e nell’economia americana dell’industria fossile.
La sua vittoria può rappresentare una svolta nelle politiche ambientali degli Stati Uniti e la speranza è che possa riparare ai danni causati dal negazionismo climatico del suo predecessore.
Il fatto che, non ancora ufficialmente eletto, abbia dichiarato la volontà di riportare gli USA all’interno degli Accordi di Parigi è un segnale rassicurante.
Dal Next Generation EU i soldi per un’Europa più resiliente
Già prima della pandemia l’Europa sembrava aver deciso di voltare pagina dal punto di vista ambientale. Fin dall’inizio del suo mandato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen ha cercato di imporre l’Agenda 2030 e i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile come bussola per l’orientamento delle politiche europee.
Anche l’annuncio del cosiddetto European Green Deal e dell’obiettivo generale di raggiungere la neutralità climatica nel continente entro il 2050 è stato accolto con soddisfazione dall’universo ambientalista.
La pandemia ha rischiato di rallentare questo processo, ma le intenzioni del Green Deal hanno trovato conferma nel Next Generation EU, o Recovery Fund se si preferisce.
“La missione del Green Deal comporta molto di più che un taglio di emissioni, si tratta di creare un mondo più forte in cui vivere. Dobbiamo cambiare il modo in cui trattiamo la natura. È per questo che il 37% di Next Generation EU sarà speso per i nostri obiettivi del Green deal.” Ha chiarito la Von der Leyen a metà settembre.
Sono in arrivo tanti soldi, dunque, solo per l’Italia 193 miliardi di euro tra prestiti e sovvenzioni. La vera sfida che comincerà nel 2021 sarà allora quella di spenderli bene.
Il Pnrr -Piano nazionale di ripresa e resilienza- recentemente presentato e oggetto di tante tensioni nel Governo punta in maniera forte su “Rivoluzione verde e transizione ecologica”, “Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura”, “Infrastrutture per una mobilità sostenibile” cui vanno oltre il 70% delle risorse.
L’obiettivo è quello di ammodernare l’Italia e renderla più sostenibile e su questo non si può non essere d’accordo, ma come verrà perseguito?
Come si dice, il diavolo si nasconde nei dettagli. Ed ecco allora che preoccupa il fatto che nella bozza del piano si trovino ad esempio, per velocizzare i processi, elementi di (eccessiva) semplificazione ai meccanismi di valutazione di impatto ambientale o di deroghe ai piani urbanistici. Come dire, rendere il paese green rimuovendo i pochi vincoli che servono a evitare consumo di suolo e progetti ambientalmente insostenibili.
Speriamo bene.
“E l’anno che sta arrivando tra un anno passerà, ed io mi sto preparando è questa la novità.”
Essere preparati alle sfide di domani, in una parola essere resilienti, sarebbe veramente la novità più bella.
Le premesse ci sono, a inizio anno essere positivi e speranzosi è d’obbligo.