Nelle scorse settimane è stato diffuso un appello per “salvare la fraternità”. Si tratta di un documento scritto da studiosi di diverse discipline che, coordinati da Pierangelo Sequeri, hanno voluto affermare la necessità di “riabilitare” la fraternità nello spazio pubblico, come possibile cifra di ripensamento del mondo attuale, alla luce dell’enciclica Fratelli tutti.

Il documento si sofferma su vari «segni globali della crisi» del nostro mondo, ma ciò che più colpisce – nel solco della riflessione della campagna Chiudiamo la forbice – è il tentativo di prendere sul serio un’antropologia ispirata al principio di fraternità e in grado di permeare tutte i rapporti umani, compresi quelli economici.

Gli autori del documento indicano come vi sia oggi la possibilità di un ripensamento che nasce dalla necessità di costruire un «nuovo mondo». La pandemia ha, infatti, evidenziato alcune strutture di ineguaglianza che già erano presenti: uno dei possibili mondi infatti «si è annunciato nel nuovo millennio attraverso i segni forti della vulnerabilità del sistema che sostiene il modello tecno-economico globale dello sviluppo».

Un mondo permeato da «eventi dirompenti, di proporzioni comunque inattese e di forte impatto simbolico, [che] hanno platealmente annunciato la sistemica vulnerabilità delle società umane: anche quelle apparentemente più ricche e più sicure, più razionali e più propulsive. L’irruzione di una religiosità pervertita del sacrificio (il terrorismo fondamentalista), l’inganno della produzione finanziaria della ricchezza (la speculazione sul debito), la disperazione crescente dei popoli abbandonati (le migrazioni di massa), la fragilità sottovalutata della gestione tecnocratica (la paralisi della pandemia): sono gli eventi-sintomo di un presente della disillusione che si affaccia all’orizzonte dell’epoca».

In particolare, «la crescita della disuguaglianza proprietaria e dell’abbandono sociale (…) moltiplicano gli effetti negativi di una globalizzazione tecno-economica vistosamente separata da una corrispondente evoluzione della solidarietà etico-umanistica».

Secondo gli autori del testo, l’attuale assetto economico globale ha: a) un fondamento antropologico; b) un metodo di propagazione; c) un’implicazione comunitaria.

a) Gli attuali sistemi economici si fondano su «una cultura individualistica della libertà e del progresso impavidamente associata al materialismo devoto dei beni e dei consumi».

b) Questo paradigma continua ad espandersi per il suo carattere attrattivo, per la sua promessa di restituire, a cascata e a lungo termine, «effetti planetari di liberazione di enormi masse dalla condanna all’avvilimento e all’estinzione».

Si tratta di un potere attrattivo e suadente per ogni consumatore e produttore perché si alimenta della «narrazione di una potenza virtualmente distributiva e inclusiva del capitalismo finanziario, che giustifica la sua concentrazione elitaria nelle mani di pochi come la condizione inevitabile per l’incremento del benessere di molti». E ancora la «promozione mediatica del desiderio godibile come scopo supremo della qualità esistenziale ha un effetto di incantamento globale. Dopo tutto, chi non vorrebbe vivere come noi? I supermercati sono sempre aperti, il divertimento è sempre in scena, le connessioni ci rendono presenti ovunque, la velocità moltiplica le opportunità, i servizi sessuali sono in libero accesso, i quartieri residenziali sono bolle di confortevole insediamento, protetto ed esclusivo, per il cittadino globale di ogni metropoli del pianeta».

Si tratta però di illusioni, di una rincorsa a salvare “fette” di prosperità nel panorama di una lotta per mantenere un tenore di vita uguale o migliore, senza guardare a chi combatte al nostro fianco.

Tutto ciò però, nella realtà, genera «l’angoscia di un’esistenza insignificante, che ora abita pervasivamente le generazioni dell’emisfero occidentale, reclutate a sostegno di questo mondo confortevole e insensato» e che «si salda sotterraneamente con la frustrazione di un’esistenza deprivata, in cui abitano da lungo tempo generazioni e popoli ormai sicuri di esserne esclusi, a vantaggio di una élite sempre più ridotta di privilegiati».

c) L’implicazione della diffusione di questa “accattivante” libertà di consumo ha caratteristiche tali da non rimanere confinate nei rapporti soggettivi, ma condiziona tutta la struttura politica e comunitaria. «La libertà che è virtualmente consegnata a ciascuno, cioè quella di essere l’imprenditore e il rappresentante di sé stesso, infatti, ha come riscontro la progressiva evaporazione delle istituzioni comunitarie che dovrebbero garantirla. (…) La tesi, infatti, in un contesto di indiscriminata legittimazione dell’autorealizzazione espansiva e competitiva, incoraggia a immaginare l’ampliamento della mia libertà, per definizione, a spese della libertà dell’altro».

Così si dissolve ciò-che-è-comune: «l’individuo riceve sempre meno dalla comunità, la comunità riceve sempre meno dall’individuo» e i «collaudati algoritmi della lex mercatoria sostituiscono la competenza politica della humana communitas».

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Da queste riflessioni possiamo trattare un invito decisivo: quello di ripensare il sistema economico con gli occhi di un’antropologia fondata sulla fraternità. Si tratta di rivedere la struttura politica moderna che, fondata su libertà e uguaglianza, ha relegato la fraternità alla sfera dell’ethos personale. Bisogna invece invertire i principi poiché è la fraternità che può attribuire il senso della libertà e dell’eguaglianza: la «humana communitas deve abitare degnamente la terra e fare di tutto per non abitarla invano: cioè per niente o come se fosse niente. Salvare la fraternità per rimanere umani».

Non si tratta di una sfida solo intellettuale: la fraternità richiede invece applicazioni concrete dalla portata sistemica, capaci di innervare il senso del vivere in questo pianeta. È responsabilità di ciascuno, infatti, in qualità di consumatore, produttore, responsabile politico e sociale, ricordarsi che ogni scelta economica ha riflessi su almeno una sorella e un fratello e che perciò, se essa è fondata sulla fraternità, può contribuire a restituire umanità al sistema economico.

Un’ “antropologia fraterna” permette di ripensare tutti i rapporti umani, compresi quelli economici che oggi sono perlopiù dominati dalla logica individualistica dell’accumulazione e dall’allontanamento da un’economia di prossimità verso la speculazione finanziaria.

L’appello Salvare la fraternità è alleato del manifesto di questa nostra campagna: salvare la fraternità, infatti, è il fondamento per tagliare la forbice delle diseguaglianze.