Sarà un Natale strano quello che ci accingiamo a trascorrere. Nell’atmosfera un po’ lunare di un lockdown a cui ci siamo solo in parte abituati, saranno le persone più fragili e vulnerabili a soffrire maggiormente delle pur necessarie restrizioni: gli invisibili saranno ancora più invisibili; le persone sole saranno ancora più sole.

Ma questa situazione, a cui tutti noi ci stiamo avvicinando in un’atmosfera di smarrimento e timore, potrebbe essere però anche l’occasione di riflettere a fondo su ciò di cui abbiamo veramente bisogno. Peggio della pandemia – come dice papa Francesco –  c’è infatti solo il dramma di sprecarla. E un modo di sprecarla sarebbe anche quello di pensare di ritornare al ‘mondo di prima’, di ‘ricostruire’ quanto ci siamo lasciati alle spalle: la tentazione è forte… tutti noi abbiamo il desiderio di lasciarci questo periodo alle spalle, ma siamo sicuri che ‘il mondo di prima’ sia proprio quello che desideriamo?

Per i cristiani, l’attesa del Natale è l’attesa del Signore che viene tra di noi, come un bambino infreddolito e indifeso; a testimoniare la speranza che non saremo mai da soli. E forse anche noi, infreddoliti e indifesi, abbiamo bisogno di passare attraverso un momento come questo per capire che un mondo nuovo è necessario e possibile. La filosofa Martha Nussbaum, citando Immanuel Kant sottolinea il ruolo della speranza per mobilitarci all’azione; e ci ricorda come anche in situazioni apparentemente senza uscita alcune persone come Gandhi, Martin Luther King, Nelson Mandela, hanno avuto la capacità di vedere un futuro e di lavorare energicamente per realizzarlo.

Parlando in particolare dell’esperienza di Marin Luther King, ritorna il famoso discorso I have a Dream, in cui King ci chiede di credere alla possibilità di ‘piccoli atti quotidiani di fratellanza umana, non a un mondo perfetto. Il reale è reso bello, ed è questo ciò che la speranza abbraccia’. Niente utopie – secondo la Nussbaum –  ‘l’utopismo è un precursore della disperazione: quindi fede e speranza devono trovare la bellezza in ciò che ci sta vicino’[1].

Il mondo non è perfetto, ma non lo era neanche prima, e adesso più di prima siamo chiamati a cambiarlo. Vivere questo Natale in termini di speranza vuol dire vivere ‘questa’ speranza che ‘cambia’, e che ci mette in movimento – insieme – per trasformare il mondo, la società, la politica, l’economia. E’ una speranza cristiana, ed è anche una speranza da cittadini che sanno che il mondo non sarà perfetto neanche domani; ma che attraverso di noi gli uomini e le donne che abitano e abiteranno nella nostra ‘casa comune’ potranno mettere (o rimettere) in moto quel cambiamento che tutti sentiamo necessario. Rendere più bello il mondo attraverso la speranza che costruisce il nostro impegno: questo è il modo migliore per augurare a tutti noi buon Natale!

 

[1] Nussbaum, M. C. (2020). La monarchia della paura: Considerazioni sulla crisi politica attuale. il Mulino. p. 186