Il titolo stesso del Messaggio del Papa in occasione della 53.ma Giornata Mondiale della Pace, “La pace come cammino di speranza: dialogo, riconciliazione e conversione ecologica”, ne definisce il tema e lo centra attorno all’idea fondamentale che perseguire oggi l’obiettivo della pace è assai complesso e comporta un approccio multidisciplinare. Occorre un cammino, un lungo percorso, non è sufficiente un singolo passo o un semplice gesto. Una strategia, non una tattica. Alla base di tale prospettiva, secondo Papa Francesco, stanno alcuni valori di riferimento: “Non si ottiene la pace – scrive Francesco – se non la si spera”, sulla base della fratellanza di tutta l’umanità, concetto fondamentale su cui edificare un intero insieme di tasselli indispensabili alla costruzione di una pace stabile. Sì, perché solo se fondata su valori profondi una semplice tregua o un cessate il fuoco possono trasformarsi in azioni e politiche lungimiranti che conducono ad una pace vera.

La speranza ci mette in cammino sulla via della pace, mentre la sfiducia e la paura aumentano “la fragilità dei rapporti e il rischio di violenza”. Lo verifichiamo ogni giorno sia nel contesto internazionale sia in quello locale. Da qui il richiamo del Papa ad essere artigiani di pace, aperti al dialogo senza esclusioni né manipolazioni, camminando anche verso una conversione ecologica che è un “nuovo sguardo sulla vita”.

Aspirazione dell’umanità intera, “oggetto della nostra speranza”, “bene prezioso”. Francesco definisce così la pace, una meta verso la quale tendere nonostante le fatiche. Oggi più che mai. “La speranza – scrive il Papa – è la virtù che ci mette in cammino, ci dà le ali per andare avanti, anche quando gli ostacoli sono insormontabili”. Il Pontefice ricorda “i segni della guerra e dei conflitti”, impressi “nella memoria e nella carne”, che “non cessano di colpire specialmente i più poveri e i più deboli”. Traumi che sono frutto di umiliazione, esclusione, lutto, ingiustizia come pure l’accanimento sistematico contro il proprio popolo e la propria famiglia. Anche in questi passaggi si coglie la duplice attenzione, dal livello internazionale a quello locale (incluso quello comunitario più piccolo, la cellula della società).

Sfruttamento e corruzione, sfiducia e paura

“Anche intere nazioni – si legge nel messaggio – stentano a liberarsi dalle catene dello sfruttamento e della corruzione, che alimentano odi e violenze”. Così gli uomini e le donne, i bambini e gli anziani sono privati ​​della dignità, dell’integrità fisica, della libertà, “compresa quella religiosa”. “Ogni guerra – scrive il Papa – si rivela un fratricidio che distrugge lo stesso progetto di fratellanza, inscritto nella vocazione della famiglia umana”. Francesco spiega le ragioni della guerra che spesso nasce dall’insofferenza per la diversità dell’altro e che “fomenta il desiderio di possesso e la volontà di dominio”. Spesso incatenando tali nazioni in “strutture di peccato”, per dirla con Papa Giovanni Paolo II, che rendono tali guerre cicliche, lunghe, lunghissime, quasi “infinite”. Tra pochi mesi ricorderemo, ad esempio, il nono anniversario della guerra in Siria, ma la durata di tutti i maggiori conflitti armati oggi tende ad allungarsi e ad estendersi a dismisura.

La guerra scaturisce dal cuore dell’uomo inquinato dall’egoismo, dalla superbia e dall’odio verso l’altro, “immagine negativa” e perciò da cancellare ed escludere. È “perversione delle relazioni, delle ambizioni egemoniche, degli abusi di potere, della paura dell’altro e della differenza vista come ostacolo”. Ricordando quanto detto in Giappone, Francesco sottolinea che “la pace e la stabilità internazionale sono incompatibili con qualsiasi tentativo di costruire sulla paura della reciproca distruzione o su una minaccia di annientamento totale”, ma nascono solo da “un’etica globale di solidarietà e cooperazione”.

“Sfiducia e paura aumentano la fragilità dei rapporti e il rischio di violenza, in un circolo vizioso che non potrà mai condurre una relazione di pace”. Anche la dissuasione nucleare è una sicurezza solo illusoria, in realtà un costo enorme e un rischio di distruzione totale. Quale strada allora percorrere, spezzando la dinamica della diffidenza? “Dobbiamo perseguire – evidenzia il Papa nel Messaggio – una reale fratellanza, controllata sulla comune origine da Dio ed esercitata nel dialogo e nella fiducia reciproca. Il desiderio di pace è profondamente inscritto nel cuore dell’uomo e non dobbiamo rassegnarci a nulla che sia meno di questo”.

La memoria, il dialogo, il ruolo della Chiesa

“La memoria è l’orizzonte della speranza: molte volte nel buio delle guerre e dei conflitti, il ricordo anche di un piccolo gesto di solidarietà ricevuto può ispirare scelte coraggiose e persino eroiche, può rimettere in moto nuove energie e riaccendere nuova speranza nei singoli e nelle comunità”. “Il mondo – spiega il Papa – non ha bisogno di parole vuote ma di testimoni convinti, di artigiani di pace aperti al dialogo senza esclusioni né manipolazioni”. La via da battere è il confronto, l’impegno a cercare la verità al di là delle diverse ideologie, facendo crescere la stima verso l’altro, “fino al punto di riconoscere nel nemico il volto di un fratello”. Un lavoro paziente che apre ad una speranza, “più forte della vendetta” e che può “risvegliare nelle persone la capacità di compassione e di solidarietà creativa”.

La Chiesa pertanto, facendo memoria di Cristo, partecipa alla ricerca di un ordine giusto, servendo il bene comune. Francesco raccomanda di “abbandonare il desiderio di dominare gli altri” ed esorta ad imparare a guardarci a vicenda “come persone, come figli di Dio, come fratelli”. Camminando su questa strada si potrà rompere “la spirale della vendetta” e abbracciare la via della speranza. “Imparare a vivere nel perdono accresce la nostra capacità di diventare donne e uomini di pace”. La vera pace passa attraverso un sistema economico più giusto come sottolineava Benedetto XVI, dieci anni fa, nell’Enciclica “Caritas in veritate”, invocando forme di attività economiche “caratterizzate da quote di gratuità e comunione”.

Richiamando la Laudato si ‘, il Papa invoca una conversione ecologica dinanzi alle conseguenze della nostra ostilità verso gli altri, del mancato rispetto della casa comune e dello sfruttamento abusivo delle risorse naturali, viste come strumenti utili unicamente per il profitto di oggi, senza rispetto per le comunità locali, per il bene comune e per la natura”. Il cammino intrapreso con il Sinodo sull’Amazzonia è uno sprone per rinnovare “una relazione pacifica tra la comunità e la terra, tra il presente e la memoria, tra le esperienze e le speranze”. Un cammino fatto di ascolto e contemplazione del dono di Dio che ci apre all’incontro con l’altro, sviluppando “il bene comune dell’intera famiglia umana”. L’esatto contrario delle attuali diseguaglianze che caratterizzano lo scenario economico e globale a livello globale. “La conversione ecologica alla quale facciamo appello – scrive il Papa – ci conduce quindi ad un nuovo sguardo sulla vita, considerando la generosità del Creatore che ci ha donato la Terra e che ci richiama alla gioiosa sobrietà della condivisione”.

“Il cammino della riconciliazione – sottolinea Francesco nell’ultimo capitolo del Messaggio – richiede pazienza e fiducia. Non si ottiene la pace se non la si spera”. È necessario crederci, ispirandosi all’amore di Dio per ciascuno di noi, “amore liberante, illimitato, gratuito, instancabile”. L’invito del Papa è di andare oltre le paure, fonte di conflitto, facendo crescere la cultura dell’incontro, per vivere la fraternità universale, capaci di perdono (ricevuto e donato), arrivando a diventare sempre più artigiani di pace. Perché la pace, per dirla con Papa Giovanni XXIII, si fonda sui quattro pilastri fondamentali della Verità, della Libertà, della Giustizia e della Carità. E richiede la pazienza e lo stile dell’artigiano, un lavoratore e anche un’artista. Essere operatori di pace non è semplice, è una sfida richiesta a ciascuno di noi, oggi più che mai, visti i venti di guerra che spirano violentemente a livello internazionale (in particolare in Medio Oriente e nel Nord Africa) e dentro le nostre comunità (inclusi i rapporti di vicinato). Le nostre speranze di pace non si esauriscono di fronte a questi segnali negativi.

Il Papa ci indica il cammino da percorrere per non cedere alla paura e allo sconforto! Occorre sempre individuare tale cammino e dargli concretezza. Possiamo ad esempio documentarci e informarci anche grazie a campagne di sensibilizzazione come quella che Caritas Italiana sta promuovendo in vista del nono anniversario della terribile guerra in Siria, una terra “Amata e martoriata”, per dirla con Papa Francesco. Un rinnovato appello di solidarietà per questa emergenza che non cessa dopo tanti anni di violenze. Anche questo è un modo per dare concretezza al messaggio per la pace di quest’anno.