Nel riflettere sui fenomeni di diseguaglianza che scavano fossati sempre più profondi nella società e tra paesi, occorre prendere in considerazione uno dei meccanismi che negli ultimi anni costituiscono una delle fonti di maggiore preoccupazione per le comunità più povere del pianeta. La base delle risorse, soprattutto della terra e dell’acqua, necessarie per condurre una vita dignitosa viene infatti costantemente erosa da un fenomeno relativamente recente: quello dell’accaparramento delle terre, oggetto del recente Dossier con Dati e Testimonianze (DDT) dal titolo “Terra bruciata. Il land grabbing forma di colonialismo” pubblicato da Caritas Italiana in occasione della “Giornata mondiale della Giustizia sociale” (20 febbraio), voluta dalle Nazioni Unite a partire dal 2009 per promuovere il tema della giustizia sociale a livello mondiale

Non è di per sé l’alienazione di vaste porzioni di territorio nei paesi più poveri (e sempre più impoveriti) ad essere un fenomeno nuovo : lo sfruttamento agricolo spesso basato su monoculture da esportazione ha caratterizzato una lunga, e per certi aspetti non ancora conclusa, stagione dello sviluppo. L’introduzione di colture originariamente non presenti – o solo marginalmente presenti – nei diversi territori (come l’arachide del Senegal, o la palma da olio del sud est asiatico, o la soia in America Latina) ha trasformato molti sistemi produttivi, con importanti conseguenze sociali. La forte richiesta di una riforma agraria, volta a redistribuire ai piccoli contadini le risorse fondiarie concentrate nelle mani di pochissimi proprietari, soprattutto latifondisti locali, sono state (e sono ancora oggi) una delle rivendicazioni principali dei movimenti contadini di tutto il pianeta ; questi movimenti si trovano tuttavia in una posizione di maggiore debolezza quando la terra sottratta alla disponibilità si trova nelle mani di compagnie trasnazionali spesso protette da accordi tra gli stessi stati. Così come il rispetto dei diritti ancestrali dei popoli indigeni è stato uno dei pochissimi baluardi all’avanzata apparentemente inarestabile dell’agribusiness portatore di un modello di sfruttamento e e di concentrazione della proprietà della terra anche su risorse naturali patrimonio di tutta l’umanità.

Tali fenomeni hanno trovato però negli ultimi anni delle articolazioni nuove, con il fenomeno dell’accaparramento della terra (land grabbing), oggetto di molte analisi (tra le quali il Primo Rapporto “I padroni della Terra. Il land grabbing.” Pubblicato dalla FOCSIV nel 2018 in collaborazione con Coldiretti) : un fenomeno già noto, ma allo stesso tempo nuovo che merita particolare attenzione. Misurare l’effettiva rilevanza quantitativa del fenomeno del land grabbing su scala globale è un compito reso difficile da molte cause, non ultima la scarsa trasparenza che circonda questo tipo di informazioni in molti paesi del mondo. La base dati più completa disponibile attualmente è quella offerta dal progetto ‘Land Matrix’ che mantiene un osservatorio globale di contratti di vendita di affitto o di concessione fondiaria, raccogliendo informazioni da varie fonti. Di ogni contratto di cui si acquisisce notizia, l’osservatorio globale considera il livello di negoziazione, se viene effettivamente concluso, e se rimane attivo. Vengono inclusi accordi per la produzione agricola, l’estrazione del legname, il commercio del carbonio, l’industria, la produzione di energia rinnovabile, la conservazione e il turismo nei paesi a basso e medio reddito. Si prendono in considerazione i progetti con le seguenti caratteristiche:

  • Comportano un trasferimento di diritti di utilizzo, controllo o proprietà di terreni attraverso la vendita, l’affitto o la concessione;
  • Sono stati avviati a partire dal 2000;
  • Coinvolgono un’area di 200 ettari o più;
  • Implicano la potenziale conversione della terra dalla produzione di piccoli proprietari, dall’uso della comunità locale o dall’importante fornitura di servizi ecosistemici ad uso commerciale

Tali contratti possono essere transnazionali, oppure conclusi all’interno dello stesso paese. Quest’ultima tipologia, per quanto inclusa nei dati di Land Matrix è però molto sottostimata. Il grafico seguente è basata sui dati della Land Matrix, e considera solo gli accordi totalmente o parzialmente transnazionali conclusi, misurati in milioni di ha (non per tutti i contratti di cui si è avuto notizia è possibile stimare l’estensione della terra toccata dall’accordo stesso). Si tratta di una superficie pari a più di una volta e mezza il territorio dell’Italia ! Un’analisi delle tendenze (pur viziata da dati non completi) indica un fenomeno che ha iniziato la sua fase di massima espansione attorno al 2005, per poi rallentare a partire dal 2011, e che ha ha visto tra il 2005 e il 2018 aumentare l’estensione della superficie soggetta a questo fenomeno di almeno 7 volte e mezzo.

La ‘corsa alla terra’ viene paradossalmente promossa come ‘fattore di sviluppo e di modernità’, ma in molti casi rappresenta un pericolo importante per le popolazioni che su questi territori vivono: in termini di erosione della possibilità di queste ultime di determinare modelli di produzione quando non anche la possibilità stessa di insediamento. Tali rischi sono particolarmente importanti soprattutto laddove i meccanismi istituzionali non permettono una effice protezione dell’accesso alle risorse delle fasce più vulnerabili della popolazione. Le popolazioni pastorali e agropastorali, le popolazioni indigene, i ‘senza terra’ sono coloro che solo con difficoltà possono arrivare a disporre di un titolo fondiario, oppure l’hanno perduto : senza un diritto alla terra opponibile in modo efficace di fronte a un tribunale, si è condannati a subire la prepotenza di chi è più forte. E anche quando questo diritto ‘legale’ esiste, non di rado si assiste alla connivenza tra grandi interessi fondiari e pezzi della magistratura e della polizia. E’ allora solo con una incisiva attività di denuncia che è possibile offrire una tutela ai diritti delle popolazioni a cui risorse vitali vengono sottratte.

I moderni fenomeni di land grabbing sono tuttavia particolarmente articolati e non mancano le difficoltà quando si cerca di darne una mappatura a livello globale[1]. Questo dossier è destinato a descrivere alcune di queste realtà emergenti, che fanno riferimento a dinamiche per molti aspetti nuove:

  • Vi sono in primo luogo le acquisizione di vasti appezzamenti di terreno da parte dell’agribusiness, che ne utilizza le potenzialità all’interno di una filiera spesso interna alla stessa azienda, legata alla produzione industriale di cibo (o componenti alimentari), di mangime, o di altri prodotti agroindustriali (fibre). Si tratta di un fenomeno che si adatta ai tempi e alle domande di mercato, ma che in sé non rappresenta una novità particolare.
  • All’interno di questa categoria, rappresenta invece una novità l’acquisizione di risorse fondiarie destinate alle coltivazioni destinate alla produzione di agrocombustibili, anche in doppia finalità (ad esempio : mais per alimentazione animale o per la produzione di bioetanolo da usare in miscela per carburanti). Si tratta di un fenomeno relativamente nuovo, paradossale frutto dell’aumento dei prezzi dei combustibili e di una tendenza ad uno sviluppo più ‘verde’ ; ma causa di sottrazione di ulteriori terre a comunità già impoverite. In alcuni casi la coltivazione di varietà adatte alla produzione di agrocarburanti viene propagandata come modalità efficace per lo sfruttamento di terreni altrimenti del tutto improduttivi. Ma, come nel caso della Jatropha in Africa dell’Est si scopre poi che per avviare delle coltivazioni realmente produttive è necessario sfruttare risorse agroecologiche di qualità che vengono dunque sottratte alla produzione di cibo.
  • Un fenomeno invece relativamente nuovo è quello della produzione di cibo per fare fronte a necessità interne di paesi dove c’è una difficoltà nell’approvvigionamento alimentare. Si tratta di una vera e propria ‘esternalizzazione’ della produzione alimentare, da parte di paesi come Cina, India, Arabia Saudita e altri paesi della regione del Golfo Persico.
  • Un altro fenomeno relativamente recente è quello dell’uso delle risorse fondiarie come investimento speculativo, ad opera di grandi investitori internazionali. Si tratta di un fenomeno che è decollato soprattutto a partire dalla grande crisi del 2007, con l’esplosione della bolla speculativa sui prodotti alimentari (all’origine, in buona parte, della fiammata dei prezzi del cibo verificatisi in quegli anni in molti paesi, e concausa di profondissimi rivolgimenti economici e sociali).

«Dio ha dato la terra a tutto il genere umano, perché essa sostenti tutti i suoi membri, senza escludere né privilegiare nessuno» : sono le parole di Papa Francesco nella Laudato Si’ (93), che ripetono però quanto affermato nella Centesimus Annus da Giovanni Paolo II già nel 1991, a conferma del fatto che l’atttenzione per la questione fondiaria è tutt’altro che una novità nella dottrina sociale della chiesa.

Ma l’aspirazione alle tre T ‘Tierra, techo, trabajo’ (terra, tetto, lavoro) espressa dai movimenti sociali di tutto il mondo e fatta propria da Papa Bergoglio sembra nel nostro tempo particolarmente a rischio. I crescenti fenomeni di acquisizione di terra nei paesi più poveri del pianeta mettono in discussione, la legittima aspirazione di un ‘tetto’ (reso spesso problematico dalla difficoltà di accedere in modo stabile alla terra necessaria per costruire un’abitazione) e di un lavoro per tutti coloro che traggono dall’agricoltura o dall’allevamento le proprie fonti di sostentamento.

[1] Uno dei tentativi più completi, e una delle fonti più autorevoli su questo fenomeno è il progetto ‘Land Matrix’  https://landmatrix.org/en/